La parola porta con sé due valori completamente diversi: uno è la dignità in quanto Moralità (es. devi avere una vita dignitosa, devi cucinare un pasto dignitoso, ecc…), l’altro è la dignità come valore umano, come per esempio vivere in modo dignitoso (avere acqua, cibo, un tetto sopra la testa) e non andare oltre la dignità umana (non volere il male di qualcuno, non uccidere).
La stessa parola indica due ambiti completamente diversi. Qualsivoglia sia il significato del termine, ci limita nel comunicare perché di fatto non crediamo in ciò che siamo, in quanto l’idea che abbiamo di noi stessi è spesso così alta da non essere, paradossalmente, mai all’altezza.
Il limite a comunicare è l’idea che abbiamo di noi. In piena libertà, in linea con il nostro sentire originale, quale importanza diamo alla nostra dignità? Che incidenza ha la nostra dignità su di noi? Dove c’è dignità abbiamo un limite e realisticamente ci diamo un valore pari a 5. La dignità è un ostacolo al valore di sé, al valore come individui, al di là di ogni dignità. Siamo in realtà un binario senza sosta per il treno chiamato evoluzione. Onde creare fraintendimenti, facciamo un esempio tangibile che mi è capitato personalmente nell’ascolto di una persona: “penso di non riuscire a dire a mio padre che gli voglio bene per dignità, non per vergogna o paura. In buona sostanza ho paura di rompermi in mille pezzi nel dirlo, perché mi farei vedere in una condizione non dignitosa per me.”Chiedo alle persone presenti in aula, in quel frangente di dare un valore alla propria dignità.
Le risposte sono svariate: “per me dipende dagli ambiti. Devo fare una media o riscontrare il gradino più alto che trovo?” Faccio una considerazione: che senso ha la media?
Deve essere chiaro ciò che ci opprime!
Il mio bisogno di farcela da sola è legato a dignità o ad orgoglio?
Quale valore do alla mia condizione di dovercela fare da sola?
Spesso la risposta a queste domande è che penso di essere respingente verso chi mi offre aiuto perché devo costantemente dimostrare la mia condizione sopra descritta. Ma che differenza c’è tra dignità e orgoglio? Vediamo la definizione di orgoglio
(fonte Treccani.it): orgóglio s. m. [dal franco *urgoli, ted. ant. urgol «notevole»; cfr. rigoglio]. – 1. Stima eccessiva di sé; esagerato sentimento della propria dignità, dei proprî meriti, della propria posizione o condizione sociale, per cui ci si considera superiori agli altri: fiero, smisurato, vano, fatuo, stupido o.; l’o. dei potenti; essere pieno d’o.; salire, montare in o.; chiudersi nel proprio o.; Buon cittadino ... Né si abbassa per duolo, Né s’alza per o. (Parini); fiaccare, abbassare, atterrare l’o. di qualcuno; insultare l’o. caduto. Talora, arroganza: Esso atterrò l’o. de li Aràbi (Dante). Fig., di animali: Li colombi adunati a la pastura, Queti, sanza mostrar l’usato o. (Dante), con allusione al loro incedere pettoruto che sembra quasi segno di superbia o di baldanza. 2. Con senso attenuato (per influenza del fr. orgueil), sentimento non criticabile della propria dignità, giustificata fierezza: giusto, legittimo, nobile o.; si sentiva offesa nel suo o. di donna; è un’opera di cui parla sempre con o.; anche, amor proprio: non hai un po’ d’orgoglio? Per estens., persona o cosa che è motivo d’orgoglio, di vanto: è l’o. della sua famiglia, della sua città; le nuove iniziative costituiscono l’o. dell’assessore alla cultura.
Quindi sono due concetti molto legati.La dignità può portare con sé l’autorevolezza? Sì: mentre gli animali, sempre coerenti, sono autorevoli e basta, l’essere umano tende ad ostentare. Ma che bisogno ho di mostrarmi autorevole se ho dentro di me i valori dell’autorevolezza? Ecco la differenza tra chi ostenta e chi è. Quindi l’autorevolezza non è sempre figlia del valore!
Mentre la dignità è un sentimento, l’orgoglio è una caratteristica del carattere oppure un condizionamento primario inconscio.
Fondamentalmente, chi ha l’orgoglio come primo condizionamento è “fregato” in termini di abbattimento della soglia di dignità, a meno che non sia dotato o sviluppi un’enorme intelligenza emotiva. Mi viene sollevata una domanda: “alla parola dignità io ho sempre dato un’accezione positiva, ma mi pare di capire che non sia così. Come possa essere un ostacolo per me?” La risposta è molto semplice: “supponiamo che tu sia ad un evento istituzionale dove devi parlare ad un pubblico. Se mentre parli ti sale un’emozione, la manifesti o no? ”Se la risposta è NO, ecco la dignità limitante!
La persona in questione mi comunica di non farlo perché pensa che la platea possa rivelarsi giudicante e quindi si trova in difficoltà nel portare il suo sentito agli altri: perché non è dignitoso. Ci viene tendenzialmente insegnato che avere un certo contegno ci dà sicurezza, ma è esattamente l’opposto! La sicurezza semmai deriva dal maneggiare le proprie emozioni.
Il vero coraggio è riuscire a portare quello che si sente e la dignità è un ostacolo mostruoso a questo. Facciamo in modo che la dignità venga sostituita con il valore di noi, altrimenti è un costrutto, una scatola vuota.
Il doversi sentire brava e irreprensibile è un’idea che sottende in realtà ben altra idea di me, quella di non essere all’altezza.
Abbandonare la dignità, travalicherebbe quindi anche il senso di inferiorità.
Il contrario di dignità e la libertà.
La massima espressione della libertà è la responsabilità. Il complessato di inferiorità rifiuta la responsabilità, così come il dignitario; l’uomo libero si assume la responsabilità e ne sostiene i costi e le conseguenze.
Un altro ambito di dignità è l’esprimere profondamente quello che si prova per una persona.
Il non dichiararsi alimenta il complesso di inferiorità e allo stesso tempo la
dignità non lascia libertà di esprimere, quindi le due cose sono correlate.
Il potere personale è l’assunzione di responsabilità, non è manipolare gli altri, ma è gestire sè.