Come noto, un’arma è ogni strumento in grado di consentire all’uomo di aumentare la propria naturale capacità di offesa. Le armi proprie sono quelle pensate e realizzate al solo fine di arrecare offesa e permettere la difesa, mentre tutti gli oggetti presenti in natura o gli utensili realizzati per scopi differenti, ma che all’occorrenza possono essere utilizzati dall’uomo per ferire, si definiscono armi improprie.
Dal punto di vista tecnico e balistico, le principali categorie di armi sono cinque:
- armi proprie da punta e taglio: dotate di lama e punta acuminata, specificamente destinate all'offesa/difesa della persona; le spade, le sciabole, i pugnali, le baionette, le lance, i coltelli a scatto, le stelle ninja vengono generalmente definite “armi bianche”, locuzione che deriverebbe dal bianco riflesso del sole sopra le superfici metalliche da parte di queste armi;
- armi da fuoco: macchine termobalistiche che sfruttano l'espansione della repentina combustione di un propellente per lanciare un proiettile; si distinguono in “individuali” o “di squadra” e vengono altresì classificate in corte o lunghe; il nostro ordinamento, in attuazione della normativa europea, definisce “corte” le armi con una canna lunga meno di 30 cm o che complessivamente sono lunghe meno di 60 cm;
- armi da sparo: per espellere un proiettile attraverso una canna sfruttano l'energia prodotta da fonti diverse dalla combustione di una carica di lancio, quali aria compressa, gas compresso oppure molle;
- armi ad avancarica: usano come carica di lancio esclusivamente la polvere nera sfusa, non contenuta all'interno di un bossolo metallico, versata direttamente nella camera di scoppio; il loro nome deriva dal metodo originario di caricamento di queste armi, nelle quali la polvere e la pallottola venivano introdotte dalla volata della canna; in un momento successivo sono stati creati modelli in cui la polvere, contenta in sacchetti di carta da cui deriva il nome “cartuccia”, veniva introdotta da un vano posteriore;
- armi autopropulse: armi in cui la carica di lancio del proiettile è contenuta nel proiettile stesso; le più diffuse attualmente sono del tipo di squadra.
L'ordinamento italiano, a sua volta, prevede una classificazione delle armi piuttosto articolata, in base a parametri relativi alla pericolosità sociale ed al possibile impiego delle armi.
Le principali categorie di armi lecite sono le seguenti.
- Armi catalogate comuni da sparo: sono le armi iscritte nell'apposito Catalogo Nazionale, introdotto nel 1975 e, di fatto, abrogato dalla legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per l'anno 2012). Per poter ottenere l'iscrizione nel Catalogo, ogni fabbricante o importatore di armi doveva rivolgersi agli uffici competenti del Ministero dell'Interno; l'istanza, affiancata da scheda tecnica, fotografie ed eventuale prototipo dell'arma, veniva sottoposta all'esame della Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi; acquisito il parere della Commissione, il Ministero approvava con decreto l'iscrizione dell'arma nel Catalogo oppure rigetta la richiesta.
- Armi lunghe ad anima liscia: i fucili a canna liscia, un tempo impiegati essenzialmente per l'attività venatoria o il tiro al piattello, oggi costituiscono l'armamento speciale di reparti militari e di polizia.
- Armi lunghe a canna rigata: carabine, prevalentemente ad uso caccia.
- Armi a modesta capacità offensiva: armi per le quali, in base a quanto stabilito dal D.M. n. 362 del 2001, sono oggi consentiti il libero acquisto e la libera detenzione; sono tali le armi ad aria o gas compresso i cui proiettili hanno una energia cinetica in volata non superiore a 7,5 joule.
Il nostro ordinamento distingue poi le armi da caccia (tutte le carabine che non abbiano la qualifica di arma sportiva ed abbiano un calibro non inferiore a 5,6 mm); le armi sportive (tutte le armi comuni che erano iscritte nel Catalogo Nazionale e per le quali la qualifica di “arma per uso sportivo” era stata specificata nel relativo decreto del Ministero con il quale ne venne disposta l'iscrizione nel Catalogo); le armi antiche (prodotte anteriormente al 1890 o ad avancarica originali, qualunque sia l'anno di produzione); le armi artistiche (armi di qualsiasi tipo che presentano lavorazioni artistiche di particolare pregio e valore); le armi rare o di importanza storica (armi di qualsiasi genere che abbiano un particolare valore storico o realizzate in pochi esemplari o appartenute ad importanti personaggi storici o legate a fatti di rilevanza storica).
In base alla legge italiana, per svolgere ogni attività che vede coinvolte le armi, è necessario ottenere le relative autorizzazioni. In tal modo lo Stato controlla quelle attività che considera pericolose, consentendone l'esercizio ad una ristretta gruppo i persone in possesso di idonei requisiti di affidabilità sociale.
Con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 121 del 2013, i detentori di armi, ad esclusione dei titolari di licenza di porto di armi in corso di validità, devono produrre entro il 4 maggio 2015 certificazione medica di idoneità psicofisica per la detenzione di armi di cui all'art. 35 comma 7 del T.U.L.P.S.
Va qui ricordato che ogni cittadino può detenere al massimo 3 armi comuni da sparo, sia lunghe sia corte, sei armi classificate ad uso sportivo, sia lunghe sia corte, e 8 armi antiche, artistiche o rare di importanza storica. Nessun limite è posto, invece, alla detenzione di armi da caccia, di armi a modesta capacità offensiva o delle armi proprie non da sparo. Limiti precisi, poi, sono posti alla detenzione delle munizioni e delle polveri da sparo necessarie per il funzionamento delle armi ad avancarica o per il ricaricamento delle cartucce. Le cartucce per pistola o rivoltella devono essere denunciate e comunque detenute nel limite massimo di 200. Relativamente alle armi da caccia, non c'è obbligo di denuncia fino a 1.000 cartucce caricate a pallini; per chi ne detiene un numero maggiore la denuncia è obbligatoria ed il limite di detenzione è in ogni caso fissato a 1.500 cartucce.
La legge 18 aprile 1975, n. 110 indica genericamente un dovere di massima diligenza nella custodia dell'arma. Compete, quindi, al giudice di merito stabilire se, in rapporto alle contingenti situazioni, l'arma sia stata custodita con diligenza nell'interesse della sicurezza pubblica (Cass., Sez. I, 27 maggio 2004, n. 24271). Deve, in ogni caso, sussistere una relazione tra il detentore ed il luogo di detenzione, non potendo considerarsi lecita la detenzione presso l'abitazione di un terzo o su un autovettura o un'imbarcazione; a titolo esemplificativo, la Cassazione ha ritenuto non diligente la custodia di un'arma lasciata in vettura a porte chiuse, in considerazione della facilità con cui il furto può essere perpetrato (Cass., Sez. I, 21 marzo 1985, n. 2617).
Fermo restando l'obbligo, per chi a qualsiasi titolo detiene un'arma, di farne denuncia all'Ufficio della Polizia di stato competente per territorio o alla stazione dei Carabinieri, indicando il luogo esatto ove l'arma si trova e tutte le altre armi eventualmente possedute dal denunciante, a norma del citato decreto legislativo n. 121 del 2013, la certificazione medica è rilasciata, sulla base del certificato anamnestico del medico di famiglia, dal settore medico-legale delle Aziende Sanitarie Locali o da un medico militare, della Polizia dio Stato o del Corpo Nazionale dei Vigli del Fuoco. La certificazione dovrà attestare che il richiedente non sia affetto da malattie mentali oppure da patologie che ne diminuiscano, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere o non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti e psicotrope oppure abusare di alcol. La certificazione medica va prodotta all'Ufficio di Polizia o Carabinieri presso il quale sono state denunciate le armi detenute. Non è richiesta, invece, qualora risulti già prodotta nei sei anni precedenti l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 121 del 2013. Le persone che entro la data di scadenza (4 maggio 2015) non avranno provveduto a consegnare il certificato medico agli Uffici suindicati riceveranno una diffida per la presentazione del certificato stesso. Se nei successivi 30 giorni la certificazione non sarà presentata, sarà avviato il procedimento finalizzato al divieto di detenzione.
A cura di Elisa Fea