Con le formule “piccole rate e ratone finale”, “finanziamenti a tasso zero”, “prendi ora e paghi dopo le vacanze”, o altre simili, ci si ritrova ad una situazione in cui gli impegni sono di gran lunga superiori alle entrate.
Se poi mettiamo in conto la crisi e le perdite totali o parziali di lavoro, ecco che abbiamo un “esercito” di cattivi pagatori, pignorati e protestanti.
Lo testimonia l’ingente numero di consumatori che si rivolgono agli sportelli dell’Associazione Europea Consumatori Indipendenti (A.E.C.I.) in tutta Italia, per essere aiutati.
Si ritrovano in banche dati negativi e, quindi, si perde per periodi più o meno lunghi il requisito di onorabilità finanziaria, cardine su cui si fonda la concessione di nuovi crediti, mutui o finanziamenti, anche se il debito viene estinto. Si riduce quindi il bacino di utenza che può accedere al credito, aumentano i contenziosi e di conseguenza i tassi di interesse.
Soluzioni possibili?
“Riabilitare” immediatamente il consumatore che, pur con sofferenza e ritardo, riuscisse a far fronte ai propri impegni, e mettere in atto l’“esdebitazione” per coloro che, per motivi contingenti, non potessero farvi fronte.
Ma cos’è l’esdebitazione?
Si propone, per il consumatore sovraindebitato, un piano di ristrutturazione dei debiti che dev’essere approvato dal debitore e dai suoi principali creditori (almeno il 70% dei creditori, che rappresenti i 3/4 dell’ammontare complessivo dei crediti).
Prevede altresì la cancellazione dei debiti, ovvero la liberazione del debitore, persona fisica, dai debiti residui nei confronti dei creditori che non partecipano alla procedura di concordato (seppur in presenza di alcune condizioni).
L’auspicio è che il legislatore si muova nella direzione indicata dalle Direttive in ambito comunitario (Regolamento comunitario n. 1346/00): il sovraindebitamento delle famiglie italiane sta assumendo ormai le dimensioni di una tragedia sociale, a cui è necessario porre rimedio prima che sia troppo tardi.
L’allentamento della pressione sul debitore grazie alla promessa di cancellazione dei debiti (liberazione del debitore consumatore) - purché adempia, anche in ritardo, con piani di rientro - può indurre, in primo luogo, ad un aumento del ricorso al credito.
In più, la sottoposizione del debitore inadempiente ad un regime afflittivo potrebbe comportare altrettante conseguenze in termini di riduzione della domanda di credito e, quindi, di abbassamento dei consumi, diminuendo la propensione all’indebitamento.
Infine, se è vero che il beneficio della cancellazione può dar luogo a comportamenti definibili di “azzardo morale”, e cioè all’indiscriminata assunzione di debiti, altrettanto vero è che esso, riducendo i pericoli connessi all’assunzione del rischio, svolgerebbe un ruolo non secondario nell’incentivazione dell’iniziativa economica e, quindi, dello sviluppo dell’imprenditorialità.
A cura di Fabrizio Spinelli