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Confezioni e imballaggi: dove li butto?

26/2/2021

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Più consapevoli dello stato di salute del pianeta. Più sensibili alla riduzione dei rifiuti, specie quelli in plastica. E più attenti all’impatto delle proprie scelte di consumo. 
Se c’è un effetto positivo che la pandemia ha avuto nell’ordine delle priorità degli italiani, questo ha a che fare con le questioni ambientali. Oggi - fonte Ipsos Mori - l’87% dei nostri connazionali presta attenzione al packaging, preferendo le merci con un imballaggio ridotto al minimo, e il 31% addirittura si rifiuta di acquistare prodotti con un packaging giudicato non sostenibile.

​Il problema è che la sostenibilità di un packaging non è sempre evidente. Tra imballaggi compositi e poliaccoppiati, ovvero composti da più materiali non separabili (ad esempio il sacchetto del caffè che è fatto di alluminio e plastica), quando arriva il fatidico momento di gettare un rifiuto, la differenziata si rivela spesso un rebus. Dal tetrapak al cartone della pizza, la classifica degli imballaggi “terribili” è davvero lunga. Per non parlare dell’equivoco in cui, in totale buona fede, molti di noi ancora cadono: non tutto ciò che è in plastica va conferito nel bidone della plastica. Per la normativa italiana infatti solo un imballaggio - ossia un manufatto concepito per contenere, trasportare o proteggere merci in ogni fase del processo di distribuzione e per il quale è stato corrisposto il Contributo ambientale Conai - può essere avviato a riciclo. Quindi ad esempio: un tubetto del dentifricio si può differenziare, uno spazzolino no.

Di fronte a tale complessità, è evidente che nessuna guida cartacea potrà mai risultare esaustiva. Per risolvere ogni dubbio ed essere certi di azzeccare sempre il bidone giusto, evitando peraltro di incappare in multe salate per “errato conferimento”, un aiuto davvero smart viene dalla tecnologia. Si chiama Junker (dall’inglese “junk”, spazzatura) ed è un’app scaricabile gratuitamente e disponibile per iOS e Android. L’hanno ideata 5 anni fa tre giovani ingegneri informatici dell’Università di Bologna, Benedetta De Santis, Giacomo Farneti e Todor S. Petkov, animati da un’intuizione che si sarebbe rivelata geniale: identificare gli imballaggi grazie al loro codice a barre. Con pazienza certosina e stimolando la collaborazione degli utenti, che possono segnalare direttamente in app eventuali prodotti mancanti, hanno costruito un database unico in Europa, composto da oltre 1 milione e 600mila referenze.

Una volta scaricata l’app sul proprio smartphone, tutto ciò che resta da fare è inquadrare il codice a barre o, se si tratta di un prodotto generico, scattare una foto, per sapere in tempo reale di quali materiali è composto e come va gettato. Non solo. Grazie alla geolocalizzazione, le informazioni rispettano sempre le specifiche regole della differenziata adottate dal proprio Comune.

Il punto di forza di Junker è la facilità di utilizzo. “Il nostro obiettivo - spiegano gli ideatori - è sempre stato: non lasciare indietro nessuno. Per questo abbiamo creato un assistente personale per la raccolta differenziata che fosse davvero alla portata di tutti”. Junker è infatti tradotta in 10 lingue ed è totalmente accessibile anche alle persone con disabilità visiva. I nativi digitali la usano quotidianamente senza difficoltà, così come gli anziani. Oltre 1,5 milioni di italiani l’hanno scaricata sul proprio smartphone. E oltre 900 Comuni, da Bolzano a Caltanissetta, da Torino a Cagliari, hanno aderito al network di Junker, per migliorare la qualità della propria raccolta differenziata, ma anche aiutare i propri cittadini a produrre meno rifiuti.

A fronte di un piccolo canone d’abbonamento, calibrato in base al numero di abitanti, le amministrazioni hanno a disposizione un tool di servizi al servizio dell’economia circolare. Grazie a Junker, i Comuni possono infatti trasformare i cittadini in “sentinelle” al servizio del territorio, in gradi di segnalare in tempo reale casi di degrado ambientale, guasti o danni alla cosa pubblica. O mettere a disposizione degli abitanti una “Bacheca del riuso”, per promuovere il riuso e lo sharing attraverso la pubblicazione di annunci gratuiti di oggetti ancora in buono stato. L’app può inoltre essere usata per inviare comunicazioni dirette, facilitando le relazioni con il pubblico, promuovere sondaggi sul livello di gradimento e l’efficienza dei servizi offerti dal Comune e/o dal Gestore e aumentare le conoscenze dei cittadini in materia ambientale attraverso divertenti quiz.

“Quando abbiamo lanciato la nostra start up - rivelano i fondatori di Junker - nessuno ha voluto investire su di noi. Dicevano che il nostro modello di business non era sostenibile perché dipendeva dai Comuni e dalle multiutility. Erano convinti che, senza far pagare gli utenti, non ce l’avremmo mai fatta. Invece eccoci qui: siamo una buona pratica riconosciuta a livello europeo e, giorno dopo giorno, aiutiamo milioni di persone ad adottare stili di vita più sostenibili”.

Il prossimo passo? “Rivoluzionare il concetto stesso di etichetta”. Lo scorso settembre è stato infatti approvato un decreto legislativo che impone a tutti i produttori, importatori e distributori di inserire sulle confezioni un’etichetta ambientale che informi i consumatori sulla destinazione finale degli imballaggi. “Con Junker abbiamo messo a punto un’etichetta ambientale digitale davvero esaustiva, geolocalizzata e altamente implementabile, per risolvere una volta per tutte ogni dubbio degli italiani in tema di differenziata”.

A cura di Ambra Murè.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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