Capire quello che ci vuole dire l’altro e non quello che ci dice. Vi chiederete… “Cosa significa? Se qualcuno mi vuole dire una cosa corrisponde a quello che mi sta dicendo!”
Eh…in molteplici situazioni, contesti ed eventi no! E la domanda successiva è: “Perché? Qual è la difficoltà di dire o di capire cosa qualcuno mi sta dicendo aldilà di ciò che dice?”
Beh, lascio a voi il divertimento di spaziare nelle varie risposte che vi darete a questa domanda, io cercherò di darvi qualche soluzione perché voi possiate giostrarvi al meglio.
La prima regola, anche in questa situazione, rimane l’ascolto, perché solo attraverso di esso io posso intelleggere la persona con cui mi sto interfacciando e cosa mi viene detto.
Uno dei problemi più ricorrenti è che tendiamo a provare imbarazzo nel parlare in modo chiaro o, meglio, nel portare noi stessi con le nostre emozioni a qualcun altro, per paura di giudizi, pregiudizi, critiche o offese. Ed è proprio per questi motivi che ciò che comunichiamo non arriva in modo chiaro e veritiero e questo crea spesso fraintendimenti o incomprensioni o qualcosa di peggiore.
Per questo motivo è fondamentale che, aldilà delle parole che ci vengono dette, cerchiamo di comprendere realmente cosa l’altra persona ci sta dicendo.
Altra dinamica molto ricorrente è che le persone nel parlare omettano totalmente il vero contenuto della comunicazione ed anche questo genera spesso dissapori o fraintendimenti.
Questi meccanismi non sempre avvengono in maniera conscia, capita che si crei questa dinamica anche inconsciamente.
Tutti noi introduciamo questo tipo di “strategie”, ma la domanda che vorrei farvi ora è: “Come reagisco io di fronte a questi comportamenti?”
Per essere onesti dobbiamo sempre partire dal presupposto di avere chiaro il fine che abbiamo durante l’ascolto di ciò che ci viene detto; se quest’ultimo è comprendere, allora creerò le giuste condizioni per farlo. Ricordiamoci che abbiamo uno strumento potentissimo (di cui abbiamo già argomentato) che si chiama intelligenza emotiva che ci mette a disposizione tutto ciò che ci serve al fine di capire realmente l’altro.
E come fa l’intelligenza emotiva a fare questo? Beh, funge un po' da catalizzatore: quello che ci viene detto dall’altro arriva a noi, ci catapulta ad una nostra esperienza emotiva passata permettendoci la comprensione reale e l’interazione, preservandoci da un coinvolgimento fuorviante.
La comprensione di noi stessi e degli altri non è altro che un processo di crescita.
Passiamo ora al principio successivo: sentire, non solo ascoltare.
Per iniziare direi che avremo modo di capire la differenza tra sentire ed ascoltare: due cose molto differenti tra loro!
Il “sentire” riguarda quella partecipazione con l’altra persona che ci permette di percepire anche fisicamente quello che l’altro sta vivendo, chiaramente non sto parlando di sentire con l’udito.
Così facendo io percepisco non solo l’altro, ma anche me stesso tramite l’altro e il mondo esterno.
Sentire significa recepire sensazioni da dentro e fuori di noi, sensazioni emotive ma anche fisiche: sentire su noi stessi le proprie e le altrui sensazioni. Ed è proprio questo che ci mette in condizioni di comprendere l’altra persona. Il sentire attiene all’intero corpo umano; affinché si sviluppi questa competenza è fondamentale, come in ogni altro ambito, la pratica e l’esperienza. In poche parole, il corpo ha bisogno di esperienza del “sentire gli altri” (cosa provano) per imparare a “sentire cosa il corpo sente”. Questo perché noi non siamo abituati a decifrare quello che sentiamo, non ci conosciamo in sostanza.
Ascoltare non è certo più semplice di sentire. L’ascolto implica anch’esso un grande impegno emotivo. Il sentire si differenzia dall’ascolto perché investe (come detto) la sfera fisica e la traduce in una sensazione emotiva prodotta da quel contesto, tutto questo è comunicazione.
Imparare a sentire permette un’enorme crescita di competenza su come ci interfacciamo con il mondo e su come possiamo dialogare al meglio con noi stessi. Ascoltare solamente, per quanto importante, da solo non basta, infatti bisogna “sentire” per sentire meglio!