Facciamo però un passo indietro e introduciamo cosa è una Città 30 e quali sono le ragioni dietro alla sua promozione. Consiste nell’inversione della regola dei limiti massimi di velocità all’interno dei centri abitati. Se convenzionalmente la norma prevede i 50 km/h con la presenza eccezionale di alcune zone aventi la regola dei 30 km/h, con l’applicazione di questa iniziativa la norma diventano i 30 km/h con eccezionali applicazioni dei 50 km/h di scorrimento veicolare. Si tratta di un intervento ampio, infrastrutturale, ma soprattutto culturale, volto alla riqualificazione dell’ambiente urbano attraverso la promozione di una mobilità attiva e lenta, pedonale e ciclabile, e la conversione dello spazio delle automobili in spazio pubblico per i cittadini, per la loro sicurezza e socialità. È una risposta al bisogno di questi ultimi di potersi spostare all’interno della città senza i pericoli legati alla velocità del traffico veicolare e, quindi, senza il rischio di essere coinvolti in incidenti, anche mortali. Si ricordi per esempio che gli incidenti stradali sono la prima causa di morte per i giovani sotto i 24 anni.
Bologna è la prima grande città italiana ad adottare i sistemi di Città 30. Grazie a questa novità Bologna si impegna per garantire maggiore silenzio, strade sicure e curate, nuove aree verdi, oltre che maggiori spazi pedonali e ciclabili. Garantisce inoltre maggiore sicurezza per la popolazione fragile di bambini, anziani e disabili, mettendo al centro la salvaguardia dei cittadini.
Gli studi scientifici, europei e italiani, legati alla sicurezza stradale affermano in modo unanime che “dove ci possono essere impatti che coinvolgono veicoli e persone, la velocità dovrebbe essere limitata a 30 km/h”. Quindi, il rispetto dei 50 km/h non è sufficiente a ridurre incidenti, morti e feriti gravi nelle strade delle città, dove convivono persone e mezzi a motore, come nelle aree densamente popolate di Bologna. Si consideri infatti che una persona investita da un’auto che viaggia a 50 km/h ha 8 probabilità su 10 di perdere la vita (paragonabile al rischio di morte precipitando dal 3° piano di un palazzo); se l’auto procede a 30 km/h, invece, la probabilità scende a 1 volta su 10 (paragonabile al rischio cadendo dal 1° piano). I 30 km/h, inoltre, riducono le possibilità di fare incidenti: a velocità più bassa, infatti, i guidatori hanno una visuale più ampia e riescono a frenare e fermarsi in meno della metà dello spazio necessario viaggiando a 50 km/h.
Le risposte a questa nuova iniziativa sono state varie e diversi utenti urbani si sono dichiarati contrari all’introduzione di questi alternativi limiti di velocità per timore che avrebbero potuto gravemente compromettere gli spostamenti quotidiani di chi abitualmente utilizza l’automobile, per esempio per andare al lavoro; tuttavia, i fatti ed i dati empirici dimostrano però una realtà molto diversa.
Il 77% degli spostamenti avviene in ambito urbano e di questi il 36% è inferiore a 2 km, una tratta facilmente sostenibile in bicicletta per chiunque non abbia limitazioni fisiche. Si tratta di un’alternativa concorrenziale in termini di tempo considerando il problema della ricerca del parcheggio e la dinamicità del mezzo in contrapposizione all’automobile. Inoltre, nella percezione collettiva la principale causa legata al diffuso utilizzo dell’auto è la sensazione di insicurezza sulla strada. Risulta evidente quindi che l’introduzione delle Città 30, migliorando sia la sicurezza che la sua percezione, favorisce una maggiore diversificazione delle componenti modali del trasporto, incentivando l’utilizzo del trasporto pubblico locale e promuovendone un incremento dell’offerta da parte delle amministrazioni.
In aggiunta a ciò, la condizione di traffico urbano, specialmente per le ore di punta, induce le automobili a non superare mai la soglia dei 30 km/h. Garantire una velocità media bassa, ma costante, fluidifica il traffico molto di più rispetto ai continui “stop and go” che risultano essere molto stressanti per il guidatore, più ancora della ridotta velocità del mezzo. Tenendo conto delle condizioni reali del traffico, diversi studi condotti su un tragitto di 5 km hanno fornito risultati variabili sull’incremento dei tempi di percorrenza compreso tra i 10 secondi e i 2 minuti, oltre a casi in cui addirittura sono risultati inferiori.
Un’altra ragione di polemica da parte degli utenti è nata in rapporto alla velocità degli altri mezzi “lenti”. Va specificato però che in media chi utilizza una bicicletta a semplice propulsione muscolare in città tiene una velocità media attorno ai 15-20 km/h, mentre le biciclette a pedalata assistita presentano un blocco di fabbrica che permette di raggiungere massimo i 25 km/h, mentre i monopattini i 20 km/h. Sono quindi tutti mezzi conformi alla Città 30, ovviamente a condizione che rispettino le regole del codice della strada e gli altri suoi utenti. La percezione della loro velocità può essere condizionata dal fatto che sono veicoli “nuovi”, a cui non siamo ancora abituati, ma che in realtà sono più leggeri e meno veloci di auto e moto.
Oltre a questi elementi, è importante menzionare la diminuzione dell’utilizzo dell’automobile privata che porterebbe, in termini di inquinamento sia dell’aria che acustico, una riduzione dell’emissioni di CO2 e del rumore percepito fino al 50%.
Città 30 è oggi un passaggio culturale da compiere, la migliore traduzione degli impegni per l’azzeramento del consumo di combustibili fossili legato all’utilizzo dei mezzi a motore e la parallela realizzazione delle “living streets” dove le persone si incontrano e si muovono in maniera sostenibile e attiva.