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Cinema, Batman v Superman

30/3/2016

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I due pesi massimi dell’universo DC sono l’uno contro l’altro. Dawn of Justice e il problema dei film sui supereroi.
Batman v Superman: Dawn of Justice è diretto da Zack Snyder (L’alba dei morti viventi, 300, Watchmen) ed è il sequel de L’uomo d’acciaio del 2013, diretto dallo stesso regista. 
Il film racconta gli eventi dopo la battaglia di Metropolis tra Kal-El e il generale Zod e sa sfruttare sapientemente le critiche mosse al primo film - la distruzione di mezza Metropolis con la conseguente uccisione di una buona fetta di popolazione - come miccia per i fatti che porteranno Bruce Wayne/Batman (Ben Affleck) a scontrarsi con Clark Kent/Superman (Henry Cavill).
Insomma, Snyder ed il suo team hanno fatto i compiti a casa e sembra abbiamo ascoltato le voci perplesse di migliaia di fan, ridisegnando sapientemente la sceneggiatura di questo sequel in modo da non commettere gli stessi errori.
I due pesi massimi dell’universo fumetti DC si trovano finalmente l’uno contro l’altro. Nel film sono accompagnati dall’immancabile Alfred (uno splendido Jeremy Irons), da Lois Lane (che fatica a trovare una motivazione per essere presente, nonostante la solida interpretazione di Amy Adams), Alexander “Lex” Luthor (un convincente Jesse Eisemberg) e Diana Prince/Wonder Woman (interpretata dalla statuaria Gal Gadot).
È nel cast e nelle interpretazioni che il film offre i suoi spunti più interessanti: i personaggi sono convincenti così come le loro motivazioni, con un Ben Affleck un gradino sopra gli altri che uscirà rinvigorito da questa interpretazione. Arrabbiato e muscoloso, perfetto come Bruce Wayne e anche come Batman: era dai tempi di Michael Keaton che il dualismo di questo personaggio non veniva rappresentato così efficacemente.
Nella prima parte il film si mette in moto lentamente, ma è un bene: ci sono molti personaggi da presentare, conseguenze a fatti già avvenuti da soppesare, e scelte da prendere. Nello specifico funziona il concetto di frustrazione/impotenza di una parte del genere umano (rappresentato da Wayne e dal governo americano) e quella di adorazione/speranza dell’altra (le persone salvate da Superman e Lois Lane) di fronte ad un Dio sceso in terra.
Un sopravvissuto agli incidenti del primo film, mutilato alle gambe, scriverà False God sulla statua eretta in onore degli Eroi di Metropolis e raffigurante Superman. La storia sarebbe lì. E non servirebbe altro. Però di altro ce n’è, e pure parecchio.
Senza entrare nei dettagli, il film nella seconda parte deraglia, schiacciato dagli obblighi di questi franchise enormi: preparare il terreno per i film che verranno. E lo fa con un espediente anche abbastanza banale. Una email in cui, uno dopo l’altro, vengono presentati dei teaser di quelli che saranno i personaggi che formeranno la Justice League (la versione DC degli Avenger Marvel).
Una parte centrale del film diventa così inutile alla storia proprio nel momento in cui servirebbe più ritmo. E la trama ne risente, perdendosi in un scontro epico e condito di convincenti effetti speciali, ma fine a se stesso.
Un peccato perché le premesse per qualcosa di molto grande c’erano tutte. I film di Snyder sono tutti splendidi da guardare (e questo non fa eccezione); il regista è riuscito nelle cose più difficili (caratterizzazione dei personaggi, intreccio della trama, motivazioni), ma si è poi arenato nella maledizione dei film dei supereroi di questi ultimi anni, che sembra stia contagiando anche l’apparentemente inarrestabile MCU (Marvel Cinematic Universe).
Perché se è vero che da un lato i cliffangher ci sono sempre stati (“Luke, sono tuo padre...”), dall’altro un’opera deve avere anche un suo arco narrativo completo, e in questi mega universi di supereroi sembra proprio mancare.

A cura di Marco Melino
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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