La fotografia è un elemento fondante della quotidianità di ognuno. Tutti scattano foto, si è stimato che solo nel 2021, la popolazione mondiale ne abbia scattate in totale circa 1,4 triliardi. Tutti conoscono la fotografia, ma in quanti sanno veramente da dove e come nasce? Quella che possiamo considerare come “prima tappa” nella Storia della Fotografia, fu senz’altro l’invenzione della Camera Oscura. |
Il cristallino è una lente flessibile situata dietro la pupilla che concentra la luce e rende nitido ciò che vediamo. Anche nell’uomo i segnali ottici arrivano alla retina invertiti e posti in maniera corretta dal nostro cervello. Pare che il primo ad aver concepito un principio di questo strumento sia stato Aristotele, nel IV secolo a.C., per poter osservare un’eclissi solare. Leonardo da Vinci, studiando la riflessione della luce sulle superfici sferiche, descrisse una camera oscura, che chiamò Oculus Artificialis (occhio artificiale).Per molti secoli, la camera oscura venne utilizzata soprattutto dagli artisti del Rinascimento per proiettare l’immagine del mondo esterno su una parete, così da poter disporre di un campione di riferimento per realizzare disegni e dipinti.
Nel 1550 il filosofo e fisico pavese Girolamo Cardano ottenne un’immagine più nitida applicando al foro anteriore della camera oscura una lente convessa. Kircher intuì che il fenomeno di proiezione poteva avvenire anche al contrario, tant’è che ideò la cosiddetta lanterna magica, un proiettore di disegni che fu l’antenato dei moderni proiettori cinematografici. La scoperta e l’utilizzo della camera oscura fu certamente il primo passo che portò alla nascita della fotografia, anche se presentava un limite: l’immagine proiettata non poteva essere impressa, ma era volatile.
Alla fine del Medioevo, gli alchimisti, facendo riscaldare cloruro di sodio insieme all’argento, avevano scoperto che dal sale si liberava un gas, il cloro, il quale combinandosi con l’argento, provocava la formazione del cloruro d’argento, che si colorava di nero quando entrava in contatto con la luce del Sole.
Da quel momento in poi, studiosi di tutto il mondo hanno lavorato aggiungendo tasselli fino alla data di brevetto della fotografia. Joseph Nicéphore Niépce si interessò infatti alla ricerca di una sostanza che potesse impressionarsi alla luce in maniera esatta mantenendo il risultato nel tempo. Egli cercò di comprendere come fare per ottenere un’immagine al positivo, siccome la semplice esposizione della carta imbevuta di cloruro d’argento generava un negativo. Scoprì che il bitume di Giudea era sensibile alla luce e lo utilizzò nel 1822 per produrre delle copie di una incisione del cardinale di Reims, Georges I d’Amboise. A causa della lunghissima esposizione necessaria, fino a otto ore, le riprese all’esterno furono penalizzate dalla luce solare che, cambiando orientamento, rese l’immagine irreale.
Nel 1827 Niépce si fermò a Parigi e incontrò Louis Jacques Mandé Daguerre, un pittore parigino di discreto successo, conosciuto principalmente per aver realizzato il diorama, un teatro che presentava grandi quadri e giochi di luce, per cui Daguerre utilizzava la camera oscura per assicurarsi una prospettiva corretta. Questo incontro fortuito portò alla data di nascita della fotografia: 9 luglio 1839, attribuito a Louis Jacque Mandè Daguerre. Questo è il motivo per cui, gli apparecchi fotografici che usiamo oggi, si chiamano ancora “camere”.
La tecnologia ha permesso di rimpicciolire i meccanismi necessari alla realizzazione di foto, ma il processo rimane lo stesso. Alcuni fotografi contemporanei utilizzano questo antico principio nel loro lavoro fotografico. Il fotografo cubano Abelardo Morell potrebbe essere un esempio. Trasforma le stanze in camere oscure per poi fotografarne il risultato, creando delle immagini incredibili, in cui la mobilia delle stanze si confonde con il paesaggio esterno.
Questo procedimento è tornato alla ribalta negli ultimi anni grazie agli amanti del vintage, che, per ottenere delle fotografie diverse dal solito, hanno iniziato a costruire delle macchine fotografiche fai da te, le cosiddette pinhole cameras. Con oggetti che si hanno normalmente in casa, come lattine, brick dei succhi di frutta o tubi di patatine, è possibile creare dei veri e propri apparecchi fotografici.
Provare a creare una camera oscura potrebbe essere un’esperienza interessante anche per chi non si occupa di fotografia. Può diventare un modo diverso per trascorrere una domenica o per giocare con i propri figli inserendo elementi didattici. Basterà del materiale che isoli una stanza dalla luce come plastica nera, cartone o semplice carta d’alluminio e dello scotch nero. Si procede ad oscurare completamente la stanza e si applica un piccolo foro in un punto più o meno centrale. Minore sarà la dimensione del buco, maggiore sarà la nitidezza dell’ immagine visibile.