Negli ultimi 20 anni i dati ci raccontano delle estati più calde da quando esistono le rilevazioni climatiche, cioè da circa un secolo e mezzo, questo vuol dire vendemmie sempre più anticipate, difficoltà nel mantenere le acidità delle uve alte concentrazioni di alcol, inverni sempre più miti e quindi habitat ideale alla proliferazione di batteri e insetti dannosi per la vigna. A cura di Mattia Perredda |
Il vigneto copre solo 1,5 ettari, molto piccolo ma particolarmente adatto alla viticoltura. I proprietari lo chiamano “il vigneto più settentrionale del mondo”, quasi alla stessa altitudine della Groenlandia. Non è raro leggere qua e là che sempre più i produttori, anche italiani, stanno effettuando investimenti in queste zone, poiché da qui a 50 anni le vigne si sposteranno sempre più a nord.
Per quanto riguarda il cambiamento climatico dobbiamo cercare di mantenere una posizione equilibrata, ovviamente è un episodio da classificare come assolutamente negativo perché non conforme all’ecosistema naturale. Non possiamo né dobbiamo negarlo, l’industria del vino è a conoscenza di ciò già da molto tempo, ma contro madre natura poco si può fare se non cercare di diventare più responsabili, andando a mitigare il cambiamento climatico, adattandoci, ad esempio riducendo le emissioni di Co2 o utilizzare pratica agronomiche più sostenibili. Certo, detto così sembra molto facile… ma in vigna ogni anno si combatte ormai una guerra per cercare di produrre vino. Bisogna quindi fare sì il più possibile che il vino, cioè il prodotto finale, non subisca troppi cambiamenti per quanto possibile.
La produzione dipende da 3 fattori essenziali, due di origine naturale, uno il clima, l’altro il terreno; il terzo invece è un fattore prettamente umano. ”Terroir” è molto importante come termine, poiché riunisce tutti e 3 i fattori elencanti di sopra, cioè un tipo di clima specifico di una zona, le varie tipologie di terreno, ma soprattutto gli usi e i costumi che vengono adoperati in quel luogo. Il vino dunque è molto sensibile, basta il mutare di uno di questi fattori per modificarne la propria espressione.
Bisognerebbe, dunque, in qualche modo riadattare la viticoltura e il territorio se non vogliamo perdere tutto questo. Da qui a 40 anni in zone come la Borgogna, dove i vini sono rinomati per la loro estrema raffinatezza ed eleganza, finiremo per trovare dei vini stile “californiani”, ossia con una grande potenza, alcolicità e trama tannica.
Insomma, poco si può fare se non si decide di cambiare strada, il cambiamento dovrebbe essere intrapreso su scala mondiale e non sporadicamente qua e là, anche perché il rischio è quello di rimanere sena i nostri amati vini e il mondo senza il vino sarebbe sicuramente un mondo un po’ più triste.