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Cambiamenti climatici: l'Italia è un Paese fragile

2/4/2019

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A Greta Thunberg, la ragazzina svedese che si è intestata una campagna ambientalista ormai globale, dobbiamo un paio di cose.
Greta Thunberg a qualcuno non sta particolarmente simpatica e la sua battaglia ambientalista solleva rumorose discussioni in ogni angolo del globo. Al di là dei giudizi personali su questa ragazzina svedese che si è intestata una campagna green orami globale, sta di fatto che le dobbiamo un paio di cose. 

Prima: aver avuto il coraggio di iniziare da sola una protesta su un tema difficile e (fino ad oggi) poco mediatico, rendendolo centrale nell’agenda dei mass media, della Rete e (auspicabilmente) anche dei Governi e delle Istituzioni internazionali. 

Seconda: aver entusiasmato i giovani, che qualche giorno fa (venerdì 15 marzo 2019, n.d.r.) hanno riempito le piazze di tutto il mondo ricordandoci (a noi, gli adulti) che abbiamo la responsabilità di non esserci presi sufficientemente cura del pianeta.

Pianeta che diamo in eredità ai ragazzi con più di qualche acciacco e molte incognite sul futuro. Che il tema dei cambiamenti climatici sia tornata in modo prepotente nelle agende di media e governi è un ottimo segnale.

È una buona notizia, perché di cambiamenti climatici si è sempre parlato poco e male, e ce n’è invece un gran bisogno. Lo sappiamo, il tema riguarda il futuro di tutti noi. 

L’innalzamento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai e la desertificazione delle zone agricole sono fenomeni che presentano numeri in costante crescita e con i quali dobbiamo fare i conti. E dobbiamo farli ora, non tra cinque, dieci o quindici anni, quando potrebbe essere troppo tardi.

L’Italia non è esente da rischi, anzi: siamo un Paese splendido ma fragile e le recenti alluvioni che hanno devastato alcune regioni del Nord, tra le quali Veneto e Friuli-Venezia Giulia, sono un esempio tangibile.

Del tema mi interesso da tempo. Ho organizzato conferenze e incontri pubblici con esperti del settore, e sono intervenuta per dare un contributo laddove opportuno e possibile, ad esempio presentando un’interrogazione alla Commissione europea proprio sulle alluvioni dello scorso autunno, chiedendo quali fossero i fondi previsti dall’Ue per il sostegno alle zone colpite da tali disastri naturali e come si potessero  implementare gli stanziamenti.

Le mie iniziative sono in linea con il programma di lavoro della Commissione per il 2017 “Realizzare un’Europa che protegge, dà forza e difende”. 

L’Italia, essendo uno dei Paesi europei maggiormente esposti ai rischi naturali e antropici, ha bisogno di 
rafforzare la dimensione della gestione delle catastrofi e della prevenzione. 

L’azione dell’Ue che ho richiesto mira a sostenere e rafforzare quella degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale, concernente la promozione di una cooperazione operativa rapida ed efficace all’interno dell’Unione tra i servizi di protezione civile nazionali, nonché la prevenzione dei rischi.

Quest’ultima viene affiancata ad altre politiche chiave dell’Ue che agiscono nel campo del adattamento ai cambiamenti climatici, della prevenzione delle calamità e della risposta alle catastrofi.

Non dimentichiamo che il 2020 è l'anno dell’Accordo di Parigi sul clima, con il quale si vuole contenere l’aumento della temperatura media globale, che è un obietto straordinariamente importante da non perdere di vista. Serve uno sforzo collettivo, una presa di consapevolezza da parte di tutti.

​I ragazzi l’hanno capito e sono in prima linea.

A cura dell'On. Isabella De Monte.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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