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Basta pratiche commerciali sleali nell'agroalimentare

25/4/2019

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Grazie alla nuova direttiva europea l'UE ha messo un sigillo di legge contro le pratiche commerciali sleali del settore agroalimentare.
Un produttore di ortaggi italiano vende la sua merce a una catena di supermercati in maggio e incassa il dovuto in dicembre, ben sette mesi dopo. 

Un rivenditore al dettaglio in Belgio fa una promozione per la stagione del barbecue, con lo sconto del 30% sulle costolette di agnello. Lo sconto attira i clienti, e aumenta la vendita anche di altri prodotti da grigliare. 

Peccato che il fornitore non fosse stato informato della campagna e che alla data del pagamento finisca per ricevere il 30% in meno di quanto pattuito per le costolette vendute in quel periodo. 

Un esportatore di frutta in Spagna riceve un ordine per 40 tonnellate di prodotto da inviare a una centrale d'acquisto che opera per diverse catene di supermercati in Germania.

Il fornitore prepara la merce secondo i requisiti di confezionamento richiesti e la invia lo stesso giorno. Il giorno dopo, mentre la frutta è sulla strada, l'acquirente gli comunica che non servono più 40 tonnellate, ma 20. 

Il produttore potrebbe insistere per consegnare e farsi pagare tutto il prodotto, consapevole del rischio che probabilmente non sarà più chiamato dal distributore né per il resto della stagione, né forse mai. Nessuno fa affari con i piantagrane. 

Ecco solo alcune delle pratiche commerciali sleali nella catena alimentare più diffuse in Europa, che grazie alla nuova direttiva europea potranno essere identificate e vietate. 

L’Unione europea ha infatti, finalmente messo un sigillo di legge contro le pratiche commerciali sleali nel settore agroalimentare, armonizzando di fatto una ventina di norme già in vigore negli Stati membri, all’insegna della trasparenza e della correttezza nelle transazioni tra fornitori e grande distribuzione. 

Il 12 marzo scorso a Strasburgo, il Parlamento Ue ha votato a grande maggioranza il via libera alla direttiva di cui sono stato relatore, che mette al bando 16 pratiche scorrette, e purtroppo molto diffuse, nei rapporti tra agricoltori, aziende di trasformazione e catene distributive. 

Un ventaglio di pratiche che spesso danneggiano i produttori a monte della catena alimentare, ma con riflessi negativi per tutti i cittadini e consumatori italiani ed europei. Tra i punti qualificanti della Direttiva, ci sono l’obbligo di pagamento ai fornitori entro 30 giorni dalla consegna per la merce deperibile, ed entro 60 giorni per quella non deperibile; la messa al bando di modifiche unilaterali dei contratti di fornitura e la restituzione dei prodotti invenduti; la richiesta di pagamento per servizi non resi. 

Ancora, l’obbligo di un contratto scritto se richiesto dal fornitore, il divieto di abuso di informazioni confidenziali del fornitore da parte dell’acquirente e il divieto di ritorsioni commerciali, o anche solo la minaccia di ritorsioni nel caso in cui il fornitore si avvalga dei diritti garantiti dalla direttiva.

Di fronte a queste pratiche sleali, i fornitori potranno sporgere denuncia in modo anonimo a una Autorità nazionale di contrasto, da istituire con la legge di recepimento nazionale, che potrà imporre agli acquirenti anche il pagamento di pesanti sanzioni amministrative.   

Il danno di questi comportamenti scorretti in Europa è stimato in oltre 10 miliari di euro l’anno, con costi aggiuntivi per chi li subisce di circa 4,4 miliardi. 

Tali pratiche sleali hanno purtroppo un impatto anche sui consumatori, perché una filiera con una distribuzione inefficiente delle risorse diventa un ricettacolo per gli sprechi e mette sotto pressione anche i produttori più onesti e virtuosi. 

E questo in una corsa al ribasso dei prezzi che deprime sia la qualità dei prodotti destinati alle nostre tavole, sia quella del processo produttivo, incentivando sfruttamento del lavoro e pratiche produttive insostenibili.

Nel corso delle negoziazioni interistituzionali con Commissione europea e Stati membri, abbiamo migliorato notevolmente il testo proposto dal Commissario Hogan nell’aprile 2018. 

Aumentando il livello di tutela a tutti gli agricoltori e tutte le imprese agroalimentari con un fatturato fino a 350 milioni di euro. 

In questo modo la direttiva proteggerà il 100% degli agricoltori e oltre il 97% delle imprese alimentari europee. Percentuale, quest’ultima, che arriva addirittura al 99% delle imprese italiane. 

Una base legislativa già molto ambiziosa, che comunque potrà essere ulteriormente allargata con la nostra legge di recepimento. 

La battaglia che siamo riusciti a vincere a livello europeo, risulterebbe infatti vana se non venisse rapidamente recepita nella legislazione nazionale, estendendo la protezione a tutti i produttori e  integrando la lista di pratiche proibite con le vendite sottocosto e le aste a doppio ribasso.

In Italia è già in vigore dal 2012 una normativa che disciplina la contrattazione e le pratiche sleali (Decreto legge 24 gennaio 2012, n.1 articolo 62), ma mentre in altri Paesi Ue come la Spagna si registrano ogni anno decine di denunce e conseguenti indagini decisioni e sanzioni, le iniziative in Italia negli ultimi 6 anni si possono contare sulle dita di una mano. 

Il carattere innovativo della direttiva, oltre all’armonizzazione a livello europeo e la conseguente possibilità
per i nostri produttori di essere protetti anche quando esportano in qualsiasi paese dell’Unione, sta nell’aver individuato pratiche commerciali che devono essere proibite indipendentemente da qualsiasi altro parametro. 

L’approvazione della direttiva rappresenta il risultato di un grande lavoro di squadra della delegazione del Partito Democratico e del Gruppo S&D al Parlamento europeo, oltre che dei principali Gruppi politici dell’emiciclo Ue. Mi auguro che questa direzione possa continuare ad essere seguita in futuro, con lo stesso impegno, serietà e collaborazione da parte di tutti.

A cura dell'On. Paolo De Castro.
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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