Nel contesto delle riforme complessive avviate dal Governo se si considerano congiuntamente gli effetti derivanti dalle misure previste ne “La Buona scuola” e nel “Jobs Act”, che riguardano rispettivamente l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro nei percorsi formativi della secondaria superiore, la riforma dell’apprendistato formativo e il sistema duale, appare evidente come tali misure siano rivolte a superare uno storico steccato che ha separato per lunghi anni il mondo della scuola da quello del lavoro. Il sistema complessivo dell’istruzione e delle formazione professionale consente oggi di poter beneficiare di una offerta aggiuntiva in base alla quale in uscita dalla terza media ogni ragazzo potrà fare la scelta di proseguimento degli studi optando tra i percorsi liceali quinquennali della secondaria superiore, i percorsi tecnici o professionali quinquennali della secondaria superiore, i percorsi triennali o quadriennali della IeFP e i percorsi triennali o quadriennali del sistema duale.
Entrando nella specificità della formazione professionale con questa riforma, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, gli indirizzi passano da 6 a 11:
agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane; pesca commerciale e produzioni ittiche; industria e artigianato per il Made in Italy; manutenzione e assistenza tecnica; gestione delle acque e risanamento ambientale; servizi commerciali; enogastronomia e ospitalità alberghiera; servizi culturali e dello spettacolo; servizi per la sanità e l’assistenza sociale; arti ausiliarie delle professioni sanitarie (odontotecnico) e arti ausiliarie delle professioni sanitarie (ottico).
Un altro interessante elemento di novità è rappresentato dalla possibilità per le scuole di declinare questi indirizzi in base alle richieste e alle peculiarità del territorio, coerentemente con le priorità indicate dalle Regioni. Inoltre, attraverso un progetto formativo individuale si punta ad una sempre maggiore personalizzazione degli apprendimenti in modo tale che i giovani possano sviluppare e acquisire competenze che li aiutino nell’accesso al mondo del lavoro.
Nel primo biennio vengono inserite le “assi culturali”, ovvero aggregazioni di insegnamenti omogenei che forniscono competenze chiave di cittadinanza, al contempo, si dà maggiore spazio all’alternanza scuola-lavoro e all’apprendistato. Potranno altresì essere rafforzati i laboratori, si potrà qualificare l’offerta formativa in modo flessibile, sarà possibile avvalersi di esperti del mondo del lavoro e delle professioni ed attivare partenariati.
Una volta conseguita la qualifica triennale gli studenti potranno scegliere di proseguire gli studi passando al quarto anno dei percorsi di Istruzione Professionale o dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale ed ottenere un diploma professionale tecnico per poter eventualmente accedere successivamente alle Università e alle Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) in base alle proprie e aspirazioni e ai desideri individuali.
Il nuovo sistema sarà monitorato ed aggiornato negli indirizzi da un Tavolo di lavoro coordinato dal Miur - al quale prendono parte le Regioni, gli Enti locali, le Parti Sociali, gli altri Ministeri interessati, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione (Invalsi), l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire), l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) e l’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro (Anpal).
Per l’attuazione delle novità del Decreto legislativo il Governo ha stanziato 48 milioni di euro - a regime- e con lo stesso provvedimento ha previsto anche la stabilizzazione dello stanziamento di 25 milioni di euro all’anno per l’apprendistato formativo.
Inquadrando le misure previste nella riforma in un contesto europeo è evidente l’obiettivo di assicurare ai giovani eguali requisiti per l’accesso al mercato del lavoro e di dotarli della capacità di rispondere alle fluttuazioni dell’economia, con una pronta disponibilità ad apprendere le variazioni di competenze richieste dai mercati, anche attraverso l’aggiornamento continuo delle proprie competenze. Al contempo, osservando le suddette misure nella dimensione territoriale, o della Regione di appartenenza, viene assicurata la possibilità di una offerta di lavoro rispondente ai bisogni specifici dell’economia locale e alle sue variazioni.
Tutto ciò spinge, dunque, nella direzione del rafforzamento degli Istituti Tecnici Superiori che per la prima volta hanno di fronte la sfida di garantire un offerta formativa parallela e diversa da quella universitaria. Si tratta di orientare questa nuova offerta verso una nuova sintesi tra miglioramento della preparazione delle risorse umane, fabbisogni di crescita delle imprese, ricerca ed innovazione. Gli Istituti Tecnici Superiori rappresentano, pertanto, una delle strade per rispondere alla grande sfida competitiva della globalizzazione dei mercati. Formazione superiore e ricerca diventano anche insostituibili strumenti per contrastare la crisi e per mettere in campo nuove idee di sviluppo nei territori. È convinzione ormai diffusa che per promuovere lo sviluppo di un territorio occorre una qualificata infrastruttura formativa fondata sulla specializzazione delle competenze, sulla complementarietà dei saperi, sull’integrazione dei soggetti formativi e sulla collaborazione con le imprese, che metta in sinergia opportunità e risorse per accompagnare le persone nella transizione verso il mercato del lavoro e le faccia crescere in questo ambito. Ecco dunque che la rete degli ITS rappresenta un segmento cruciale della infrastruttura formativa nazionale. Seppure ancora in numero limitato, le esperienze fin qui condotte confermano l’utilità di un percorso che mette in stretta sinergia i diversi attori dello sviluppo, colmando il profondo deficit del sistema di istruzione italiano nell’essere spesso estraneo al lavoro, all’impresa e allo sviluppo dei diversi territori.
Questi Istituti ad alta specializzazione tecnologica sono nati per formare tecnici superiori in aree strategiche per lo sviluppo economico e la competitività del nostro Paese e presentano elementi comuni alle esperienze di alcuni Paesi europei. La caratteristica principale è quella di dare una risposta alla richiesta delle aziende di personale specializzato ma con formazione non universitaria, di rendere più facile l’inserimento nel mondo del lavoro e di costituire il coronamento di un percorso formativo professionale che, già in precedenza, si è svolto con esperienze di apprendimento in contesto di impresa. Infine, rappresentano un importante canale di formazione continua, aprendosi alla frequenza di adulti occupati e non.
A cura di Luigi Bobba