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Autotrasporto e Welfare, è possibile?

12/5/2017

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Ripercorriamo la normativa legata al “dumping” nell’autotrasporto. Ecco i danni che provoca ai lavoratori italiani.
Oggi giorno si sente tanto parlare di “dumping” termine che, nel linguaggio economico, caratterizza la vendita all’estero di una merce a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno, parlando, in tal caso, anche di discriminazione del prezzo.
Quando tale “manovra” viene applicata al costo del lavoro, la diretta conseguenza è un taglio ai posti di lavoro ed una diretta riduzione della sicurezza!
Un settore che ultimamente sta subendo il dumping è il mondo degli autotrasportatori, i quali stanno subendo tale dumping proprio dai colleghi dell’Est Europa.
Basti leggere un reportage su Repubblica.it, dell’inviato Marco Patucchi, il quale, al fine di meglio rendere la reale condizione di lavoro dei Ns Autotrasportatori, decide di andare in viaggio con un autotrasportatore e descrivere, dettagliatamente, la linea Treviso/Slovenia, e nel viaggio, attraversando le belle zone triestine, ricche di cantine che producono Prosecco, esportato anche in America, l’autotrasportatore afferma che loro, di queste bottiglie, non ne trasportano neppure una!
Amara e triste realtà che il trasportatore descrive con un’ironia sottile, ma al contempo pungente, nella quale ammette che la professionalità degli autotrasportatori italiani, viene superata, ormai, dai Colleghi dell’Est… che quasi immuni alla regole “non scritte” riescono ad aggredire anche il Ns mercato locale poiché applicano un costo notevolmente inferiore!
In effetti in Italia il Costo del Lavoro, in sé, è molto elevato, ed è cosa nota a tutti non solo per il settore degli Autotrasporti, ma questo settore è ulteriormente vessato dalla rigidità di una normativa, posta a tutela dei lavoratori, e delle stesse Aziende per carità, tutela che però, a volte, quando ci si trova di fronte a tali realtà “di concorrenza sleale” è dura da comprendere, sia per l’imprenditore, sia per il dipendente!
Pare che ultimamente la nostra Nazione sia “invasa” da autisti, provenienti dai Paesi dell'Est europeo, con costo del lavoro molto più basso, secondo alcune stime anche del 50%, di quello dei trasportatori italiani, che guidano per Ditte dei loro Paesi d'origine, ma non è difficile comprendere che molte di queste ditte, siano state create lì da imprenditori italiani, che fanno cabotaggio qui in Italia, oppure, alcune Aziende Italiane, tramite la procedura del distacco,  li assumono da lì, e l'obiettivo finale è sempre lo stesso: abbattere la tariffa del servizio di trasporto offerto, così da vincere la competizione sul mercato.
Così facendo, le Aziende Committenti, a loro volta, possono fare economia di scala scegliendo società di trasporti meno onerose, ricordiamo infatti che la paga media di un autista professionale italiano, può superare i 2000 euro netti mensili (circa 1500 euro di base più le varie indennità di trasferta), quasi il doppio, in certi casi, rispetto a quanto guadagnano i colleghi dell'Est.
La recessione e la delocalizzazione hanno sconvolto tutto, fino a casi estremi in cui trasportatori italiani, negli anni peggiori della crisi, pur di lavorare, in alcuni casi, erano pronti a restituire “cash” parte dello stipendio segnato in chiaro nella busta paga oppure, ancora in cui ditte hanno detratto dalla paga di autisti stranieri l'affitto della cuccetta nella cabina del camion utilizzata di domenica.
Insomma una vera e propria giungla, degenerata, inesorabilmente in una guerra fra poveri!
Orbene prendendo spunto e appassionandomi all’articolo di cui in precedenza, ho ritenuto opportuno ripercorrere la normativa che spesso appare rigida, partendo proprio dal Decreto Legislativo 19 novembre 2007, n. 234, chiamato a dare vita all’Attuazione della direttiva 2002/15/CE concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporti.
La ratio della norma è quella di regolamentare, nel modo più uniforme possibile, su tutto il territorio nazionale , rispettando al contempo il ruolo della autonomia negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi alla organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, per migliorare la tutela della salute, la sicurezza delle persone, la sicurezza stradale, nonché  ravvicinare maggiormente le condizioni di concorrenza.
La direttiva, in buona sostanza, stabilisce i limiti alla durata settimanale dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (che si aggiungono a quelli stabiliti dal Reg. 3820/1985, sostituito dal Reg. 561/2006 relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale dei trasporti su strada).
Le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 234/2007 si applicano ai lavoratori mobili con rapporto di lavoro subordinato (compresi gli apprendisti) che sono alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro dell’UE che partecipano ad attività di autotrasporto di persone e merci su strada contemplate dal Regolamento (CE) n. 561/06 del 15 marzo 2006 oppure, in difetto, dall’accordo AETR, e dal 23.marzo 2009 anche sono valevoli anche agli autotrasportatori autonomi.
Il mio intento è provare ad immaginare una Azienda di autotrasporti che riesca a trasformare i cosiddetti tempi morti di attesa per tutti (datore di lavoro e lavoratore)” in migliori condizioni di vita per il dipendente, e in risparmio economico per il Datore di Lavoro, senza arzigogolate manovre!
La riorganizzazione degli orari di lavoro è da sempre l’emblema dell’efficienza aziendale, l’attenzione alla ricerca di un bilanciamento dei tempi vita-lavoro e sono la nuova sfida per rilanciare un’azienda in un mercato dove, come abbiamo notato, la speculazione economica la fa da padrona!
Mi piacerebbe approfondire le esigenze degli autotrasportatori, attraverso la lettura delle loro esigenze, immaginando la “nascita” di un Contratto Aziendale di secondo livello, che non si limiti a salvaguardare gli addetti ai lavori dall’insostenibile costo affitto della cuccetta, ma che preveda, per i lunghi tempi di attesa tra un carico e l’altro, la conversione di tali ore, in ore per fare della sana attività fisica. Non sarebbe impensabile strutturare una politica di welfare che converta le ore di mera attesa in un abbonamento in palestra, naturalmente applicando tale possibilità ad un’Azienda che effettua trasporti fissi e conosca bene il territorio in cui i propri autisti trascorrono il tempo di attesa; oppure nella frequenza di un corso di lingue, magari on-line visto le innovazioni tecnologiche del momento, oppure convertire questi servizi per i familiari degli autisti, pensare direttamente al benessere globale dell’autista, è vero che lo stipendio può raggiungere cifre elevate, ma è ancor più vero che un Autista che effettua lunghi trasporti la famiglia “non la vive”.
Continuo ad esemplificare delle misure alternative, quali un abbonamento al cinema, allo Stadio (la domenica un Autista trascorrerebbe del tempo con i figli anche unendo una passione, che diversamente, magari non si potrebbe permettere) oppure, cercando di entrare maggiormente nella tutela della sfera familiare, stipulando delle polizze integrative sanitarie e quant’altro in favore dei familiari dell’autista e così via!
In tale maniera il costo del lavoro, per i tempi morti, verrebbe abbattuto, il datore di lavoro offrirebbe un reale benessere al proprio dipendente, e potrebbe rilanciare la propria attività sul mercato senza troppe forzature, attuando una concorrenza sana e non sleale!
Il welfare per tutti, Azienda e lavoratori, è davvero un miraggio? Gli esempi di cui in precedenza sono solo esempi, ma il dialogo fra le Parti potrebbe sfociare in migliorie molteplici.
Penso che in realtà, la politica di riorganizzare i cicli di lavoro in vista dell’attuazione di un piano di welfare concreto e tangibile per tutti, rappresenti la svolta affinché si possa combattere un uso sconsiderato delle persone, semplicemente, applicando del bCaruon senso dettato dalla pratica e perché no, anche dalla bella complicità tra Datore di Lavoro e Dipendente, che “remano” entrambi verso la stessa meta: il loro benessere!
Concludo invitando tutti i Datori di lavoro del settore, e non, a non disperarsi “per la presenza” di una Norma apparentemente rigida e costrittiva, oppure al rilancio al ribasso per la concorrenza spregiudicata, ma ad andare avanti puntando, proprio sulla riorganizzazione delle proprie risorse, che in quanto tali, rappresentano, l’unico, sostenibile, veicolo di rinascita.
 
A cura di Carmela Parisi
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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