La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 13148 del 2020, depositata il 30 giugno scorso, si è pronunciata in un caso di vendita di autovettura usata, fornendo un approfondimento circa il rapporto tra le disposizioni speciali contenute nel Codice del Consumo e la disciplina dettata in materia di vendita dal Codice Civile.
Nel caso di specie, la proprietaria di un’autovettura usata aveva adito il Tribunale lamentando di aver tempestivamente denunciato gravi vizi occulti del bene che, tuttavia, non era stato conseguentemente riparato dalla società venditrice.
L’acquirente, pertanto, aveva chiesto al Tribunale di condannare la venditrice al risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dei vizi riscontrati. Il Tribunale aveva rigettato la domanda, condividendo le difese della venditrice secondo cui i vizi sarebbero stati provocati da un uso anomalo del mezzo, perfettamente funzionante al momento della consegna. La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, evidenziando come i vizi si fossero manifestati a distanza di tre mesi dall’acquisto e come l’acquirente avesse ammesso un uso anomalo del veicolo.
La pronuncia di secondo grado veniva impugnata dall’acquirente, sostenendo che tanto il Tribunale quanto la Corte d’Appello avessero ricondotto la fattispecie alla disciplina del contratto di vendita contenuta nel Codice Civile anziché applicare le norme del Codice del Consumo, nonostante parte acquirente e parte venditrice rivestissero rispettivamente la qualità di consumatore e di professionista.
Ai sensi dell’art. 130 del Codice del Consumo, il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene; in tal caso, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto.
Il successivo art. 132 del Codice in commento, poi, stabilisce la responsabilità del venditore quando il difetto di conformità si manifesta entro due anni dalla consegna del bene e la decadenza del consumatore dai diritti previsti dall’art. 130 in caso di mancata denuncia al venditore del difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. L’art. 132, inoltre, espressamente presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
La Corte di Cassazione, chiamata a decidere il caso in discorso, ha richiamato l’art. 135, comma 2, del Codice del Consumo, secondo cui, per quanto non previsto dal medesimo Codice in materia di garanzia legale di conformità e garanzie commerciali per i beni di consumo (artt. 129 e seguenti), si applicano le disposizioni del Codice Civile in tema di contratto di vendita.
Secondo i Giudici di legittimità, dal combinato disposto degli artt. 129 e ss. del Codice del Consumo discende in capo al venditore-professionista una responsabilità nei confronti dell’acquirente-consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene che si sia manifestato entro due anni dalla stessa.
Il consumatore, in tal caso, può avvalersi dei rimedi contemplati dall’art. 130 del Codice del Consumo, purché provveda a denunciare il difetto al venditore entro due mesi dalla scoperta. L’art. 132, comma 2, del Codice del Consumo prevede, poi, una presunzione a favore del consumatore: si presume che i difetti manifestatisi entro sei mesi dalla consegna fossero già esistenti in quel momento, salvo che il vizio sia incompatibile con la natura del bene. Si tratta di una presunzione iuris tantum, superabile con prova contraria. Oltre il predetto termine di sei mesi, dovrà trovare applicazione la disciplina generale in materia di onere della prova e, perciò, il consumatore che agisca in giudizio dovrà provare che il difetto fosse originariamente presente nel bene.
Incomberà, quindi, sul consumatore l’onere della prova circa il collegamento causale tra difetto e danno, spettando invece al professionista fornire la prova liberatoria.
Nel caso di specie, alla luce delle considerazioni sopra evidenziate, la Corte di Cassazione ha quindi ritenuto fondato il ricorso depositato dal consumatore, cassando la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà applicare i principi secondo cui “in tema di vendita di beni di consumo, si applica innanzitutto la disciplina del codice del consumo (art. 128 e seg.), potendosi applicare la disciplina del codice civile in materia di compravendita solo per quanto non previsto dalla normativa speciale, attesa la chiara preferenza del legislatore per la normativa speciale ed il conseguente ruolo ‘sussidiario’ assegnato alla disciplina codicistica.
Si presume che i difetti di conformità che si manifestino entro 6 mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, sicché è onere del consumatore allegare la sussistenza del vizio, gravando sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita. Superato il suddetto termine, trova nuovamente applicazione la disciplina generale posta in materia di onere della prova posta dall’art. 2697 c.c.”
Può, pertanto, concludersi come la Corte di Cassazione, nella recente pronuncia in esame, abbia espressamente evidenziato la “sussidiarietà” delle disposizioni del Codice Civile in materia di vendita rispetto alla disciplina speciale in materia di garanzia di conformità dei prodotti prevista dal Codice del Consumo.
A cura di Elisa Fea.