Anche se il vero motore di tutto il movimento è senza dubbio la passione, le auto d’epoca rappresentano un ottimo investimento, avendo registrato una crescita di mercato di quasi il 200% negli ultimi 10 anni. Basti pensare che in questo millennio il valore delle auto storiche è aumentato con percentuali fino a 3 cifre, con una crescita di mercato superiore a quella degli investimenti in arte, vino o orologi. Solo i gioielli hanno fatto meglio nello stesso periodo, ma quasi esclusivamente per la crescita del prezzo dell’oro.
Le quotazioni delle auto classiche hanno mostrato qualche cedimento nel corso di quest’anno, ma nonostante il crollo dei consumi dovuti al Coronavirus molti appassionati hanno continuato a spendere somme ingenti per acquistare l’auto dei loro sogni. Il giro d’affari a livello mondiale sfiora, infatti, il miliardo di euro, il 40% dei quali è dovuto alle vetture da più di un milione di euro.
Queste rappresentano appena il 2% del mercato come numero di veicoli trattati, mentre la parte più concreta e robusta è costituita da Fiat e Alfa Romeo degli anni ’60, ’70 e ‘80, da vecchie Porsche e Mercedes, dalle classiche roadster e berline inglesi: tutte auto dal prezzo non troppo elevato e alla portata di molti.
Nel nostro Paese il motorismo storico si conferma un volano per l’economia, ritagliandosi un ruolo di riconosciuto ambasciatore del Made in Italy a livello internazionale.
I marchi tricolore sono tra i più apprezzati dai collezionisti ed anche quelli con le quotazioni più alte: in vetta alla graduatoria delle vetture più costose del pianeta vi é da sempre la Ferrari GTO.
Oltre ai marchi che hanno fatto grande la storia dell’auto nazionale, Ferrari, Lamborghini, Maserati, Fiat, Alfa Romeo e Lancia, l’Italia può vantare un’altra grande tradizione, quella legata alle carrozzerie come Pininfarina, Bertone, Zagato, che hanno dato vita nel corso degli anni a modelli stilisticamente unici e ancora attualissimi.
Tutti questi fattori contribuiscono ad alimentare grande interesse per il settore, se è vero che, come rivelato da un recente sondaggio, 32 milioni di italiani hanno assistito a eventi legati al motorismo storico e tra questi, il 45% pensa di acquistare, a breve o medio termine, un’auto o una moto d’epoca. Gli iscritti all’ASI (Automotoclub Storico Italiano) superano quota 200.000 e il parco auto storiche in Italia è stimato in più di 375.000 unità, con un indotto annuo di 2,2 miliardi di euro.
Per comprendere meglio i volumi di questo business bisogna considerare in primo luogo il costo legato al mantenimento dei veicoli, che ammonta a 650 milioni di euro all’anno, con una media di circa 2.000 euro a veicolo; importo che assieme a quello dell’acquisto dei veicoli stessi e dei restauri conservativi (che danno lavoro a migliaia di meccanici, carrozzieri e artigiani specializzati), incide per oltre la metà del giro d’affari complessivo.
A questi vanno aggiunti i numeri del turismo diretto (spostamenti e viaggi dei proprietari a bordo dei veicoli in occasione di tour privati, raduni o eventi) e di quello indiretto (appassionati che visitano fiere, mostre e manifestazioni, comprese le gare come la rievocazione storica della Mille Miglia o della Targa Florio, fino ai pasti e ai pernottamenti legati alle suddette attività).
Queste cifre rendono appieno l’idea di quanto il settore sia in continua crescita e di quanta importanza stia assumendo anche dal punto di vista economico, diventando un vero motore di sviluppo che può concorrere al progresso del Paese. Senza considerare che il giro d’affari legato alle auto storiche potrebbe essere anche superiore: basti prendere ad esempio l’Inghilterra, dove il business delle ‘classic cars’ ammonta a circa il doppio di quello realizzato in Italia.
Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Lazio e Puglia da sole generano ogni anno circa un miliardo di euro, ma anche il Piemonte, terra di grande tradizione motoristica, e regioni ad alta densità turistica come Liguria e Toscana possono vantare ricavi importanti legati al motorismo d’epoca.
La filiera che, partendo dall’acquisto, passa per la manutenzione e si articola anche nel turismo diretto e indiretto generato da eventi, gare, aste e raduni, determina un impatto sociale e culturale di non trascurabile importanza, raggiungendo una fascia di pubblico che va ben oltre proprietari e collezionisti.
È dunque evidente che agevolare il motorismo d’epoca e il movimento collezionistico su scala nazionale possa solo che apportare benefici all’indotto collegato, fatto da officine e artigiani specializzati, alberghi e ristoranti, attività commerciali, fiere e musei.
A cura dell’On. Matteo Adinolfi.