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Assegnazione di beni ai soci, scelta cruciale

14/6/2016

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Ecco un’analisi approfondita in materia di assegnazione di beni ai soci, al fine di prendere una decisione corretta.
Una decisione importante attende professionisti e imprese: la possibilità di assegnare beni ai soci, usufruendo di alcune agevolazioni fiscali rilevanti.
Dopo aver brevemente enucleato gli aspetti essenziali della portata legislativa, ecco alcuni esempi di calcolo, affinché si possa prendere una decisione ponderata.
La possibilità di assegnazione riguarda i beni immobili e quelli mobili registrati.
Focalizziamoci sulla prima tipologia di beni.
L'assegnazione (o la cessione, alla quale dedicherò un appunto in chiusura dell’articolo) deve avvenire entro il 30 settembre 2016 e i soci interessati devono essere iscritti nel libro soci alla data del 30 settembre 2015.
Sono assegnabili tutti i beni immobili, eccetto quelli strumentali per destinazione, ossia utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'impresa o della professione.
Di conseguenza si può procedere all'assegnazione o alla vendita ai soci dei beni immobili strumentali per natura (quelli rientranti nelle categorie C, D, A10), dei beni immobili merce, dei beni patrimonio.
L'aspetto fiscale è da analizzare guardando da un lato l'impatto sulla società, dall'altro quello del socio assegnatario.
La società dovrà pagare un'imposta sostitutiva dell'8% sulla plusvalenza tra il maggior valore normale del bene e quello fiscalmente riconosciuto in capo alla società (10,5% se società non operativa).
Per i beni immobili è possibile usare, in luogo del valore normale, quello catastale generalmente inferiore.
Nel caso di valore di assegnazione inferiore a quello fiscale (minusvalenza) non è dovuta alcuna imposta.
Se esistono riverse in sospensione d'imposta sul bene assegnato (per esempio relative alla rivalutazione operata in precedenti esercizi) la società dovrà pagare un'ulteriore imposta sostitutiva su tali riverse del 13%.
Per il socio si configura una distribuzione di utili sulla quale graveranno le imposte personali sul reddito.
Nel caso in cui vi siano riserve in sospensione, la distribuzione di utili è limitata alla parte eccedente a quella già soggetta all’imposta sostitutiva.
Il valore normale dei beni ricevuti riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
Per quanto concerne le imposte indirette, il vantaggio riguarda quella di registro, che è ridotta del 50% (se proporzionale) e quelle ipo-catastali pagate in misura fissa.
Nessuna agevolazione, invece, per l'IVA, che è dovuta secondo le regole ordinarie.
Un aspetto che pochi hanno analizzato e sul quale intendo soffermarmi brevemente, riguarda le imprese che in virtù della legge 147/2013 (Stabilità 2014) hanno operato la possibilità di rivalutare l'immobile.
Chi ha scelto questa possibilità ricorda che il maggior valore fiscale sul quale calcolare le plusvalenze in caso di assegnazione o cessione sarebbe iniziato a decorrere dal 1° gennaio 2017.
Pertanto, optando oggi per l'assegnazione, il calcolo della plusvalenza dovrà essere effettuato sul valore ante-rivalutazione.
La società potrà, però, portare in deduzione delle imposte dovute, quelle versate nel 2014 momento della rivalutazione.
Ora propongo alcuni esempi:
  • Valore fiscale dell'immobile da assegnare: 250.000
  • Valore normale del fabbricato: 280.000
  • Valore catastale dell'immobile: 180.000
  • Riserve in sospensione d'imposta relativa alla rivalutazione Dl 185/08 pari a 150.000
Per la società non emerge alcuna plusvalenza, in quanto il valore catastale (è possibile, come detto, fare riferimento a questo valore anziché a quello normale) è inferiore al valore fiscale riconosciuto alla medesima.
Tuttavia dovrà “liberare” dal vincolo della sospensione le riserve nate con la rivalutazione 2008, pagando un'imposta sostitutiva del 13% sul valore di tali riserve, pari a 19.500 euro.
L'imposta di registro è pari a 200. Le ipo-catastali pari a 400 euro.
Sull'IVA non ci sono agevolazioni, pertanto se la cessione riguarda un immobile la regola è l'esenzione da IVA, con possibilità di optare per l’imponibilità.
La società dovrà valutare la convenienza in funzione del meccanismo del pro-rata.
Segnalo l’aspetto IVA, come il principale limite alla convenienza dell'assegnazione.
Il socio dall'assegnazione beneficia della distribuzione di utili in natura pari a 180.000.
Ai fini reddituali, tuttavia, soltanto i 50.000 euro eccedenti - quelli sui quali la società ha già pagato l'imposta - concorreranno a formare il reddito.
Ricordo che ai fini IRPEF se la partecipazione è qualificata (tipicamente per questo tipo di operazioni) l'IRPEF si calcola sul 49,72% dell'utile, pertanto è possibile stimare un IRPEF di 9450 euro.
Nel caso in cui il valore catastale fosse stato pari a 260.000 euro, la società oltre alle imposta sostitutiva sulle riserve in sospensione, avrebbe dovuto pagare l'imposta dell'8% sulla plusvalenza di 10.000 euro.
La normativa favorisce la cessione d’azienda anziché l’assegnazione per due aspetti: il primo riguarda la possibilità di non dover liberare le riserve in sospensione d’imposta.
In secondo luogo, è possibile escludere alcuni soci dall’operazione.
 
A cura di Paolo Ferraris
© Gente in Movimento - riproduzione riservata

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