È calato il sipario sull’appuntamento conclusivo della stagione NBA, le Finals che hanno visto protagoniste la vincitrice della costa Est, i Cleveland Cavaliers capitanati da Lebron James contro la squadra dominatrice dell’Ovest, i Golden State Warriors del fresco MVP (Most Valuable Player) di stagione Stephen Curry. |
Gara1 è giocata in una bolgia. La Oracle Arena è elettrizzante, con i tifosi caldissimi sulle tribune a spingere i propri beniamini. Cleveland non demorde ed attaccata con un monumentale Lebron James (autore di una prestazione da 44punti, 8 ¬rimbalzi e 6 assist), che resta in scia. Non solo, avrebbe anche la possibilità di vincerla con un tiro allo scadere di Lebron stesso, che rimbalza sul ferro, e anche il successivo tentativo di Shumpert balla sul ferro e manda la partita ai supplementari. I Cavs, dalla rotazione obbligata a 8 uomini, staccano la spina e diventa decisiva la panchina di Golden State. Finisce 108 a 100 con tanti rimpianti di Cleveland. Gara 2 è sempre giocata nella baia di San Francisco. Cleveland deve gioco forza rinunciare a Irving, riducendo ulteriormente la sua rotazione a 7 elementi contati. La serie pare finita ancor prima di cominciare.
Se non fosse che Lebron James decide di caricarsi di peso la squadra e strappa un’incredibile vittoria al supplementare con un’altra prestazione da applausi: saranno infatti 39 punti, 16 rimbalzi e 11 assist. Gara 3 e gara 4 si spostano in Ohio. La città, che da 54 anni sta aspettando una vittoria, ha fame di sport. I posti sono andati volatilizzati in pochi minuti, l’arena è straripante. Media e tifosi sono convinti che i Cavs si siano giocati il jolly, Golden State è una squadra troppo superiore per non riuscire a vincere. E invece, sempre lui, Lebron James, ben accompagnato dall’australiano Dellavedova, strappa di forza gara 3, regalando il vantaggio alla sua franchigia. Attualmente, a parte qualche fiammata, gli splash brothers dei Warriors stanno deludendo, mentre dall’altra parte Lebron sta trascinando ad un insperato vantaggio nella serie. In Ohio l’entusiasmo è palpabile, i tifosi ci credono, la stampa inizia a dubitare.
Solo che quando iniziano ad esserci delle certezze, vengono subito smentite. Steve Kerr, ora allenatore dei Warriors ma in passato fido scudiero dei Bulls di sua maestà Michael Jordan, applica dei cambiamenti nelle rotazioni e, grazie finalmente ad un decisivo apporto di Curry, riporta le Finals in parità.
Due a due e si ritorna nella baia. I Cavs sono usciti distrutti da queste gare. Giocare a questa intensità con gli uomini contati prosciuga le energie e l’inerzia sembra essersi spostata di nuovo dalla parte dei guerrieri della baia.
Gara 5 e gara 6 seguono un identico copione. Partite combattute, che tengono gli spettatori attaccati allo schermo. Poi nell’ultimo quarto Cleveland lascia il passo alla fatica, l’acido lattico rende meno lucide le giocate e i Warriors, che invece possono contare sulla squadra al completo, riescono a portarsi il vantaggio dalla loro e chiudere la serie 4-2.
Sono state finali entusiasmanti, nonostante gli infortuni che hanno condizionato le prestazioni, ma va reso omaggio a Lebron James, protagonista indiscusso della serie e all’essere squadra corale di Golden State. L’mvp delle Finals, infatti, per la prima volta nella storia dell’Nba va ad un giocatore che è sempre partito dalla panchina: Andre Igoudala.
A cura di Federico Rosa