Il virus Covid 19 ha danneggiato fortemente l’economia italiana, ma Il turismo è indubbiamente uno dei settori, se non il settore, che ha maggiormente sofferto a causa della pandemia, con il blocco dei movimenti dei cittadini che ha portato a chiusure forzate delle strutture alberghiere e riduzioni del 40% del fatturato delle società che si occupano di accoglienza. A cura di Guido Della Frera |
Una doccia fredda che ha rimesso in allarme il comparto alberghiero, vista la pesante crisi che ancora grava sul settore dopo i buoni risultati raggiunti in autunno, annullati dall’arrivo della variante Omicron che ha nuovamente bloccato il turismo internazionale. Per questo ho chiesto al Governo, con una serie di emendamenti al decreto Milleproroghe e Sostegni-ter, un concreto intervento per sostenere la nostra attività, perché il turismo resta comunque uno dei pilastri dell’economia italiana, generando ben il 13% del PIL italiano (ante Covid), e il suo rilancio sarà fondamentale per la ripresa del Sistema Italia, una volta superata l’emergenza sanitaria. Ho infatti richiesto il prolungamento della decontribuzione Inps per il 2022, una proposta che va nella direzione del governo di tenere aperte le attività.
La politica dei ristori non è l’unica soluzione, meglio aiutare gli imprenditori del turismo a continuare a lavorare, evitando così che mettano i dipendenti in cassa integrazione. Perché, se è vero che molti alberghi non hanno mai riaperto dal primo lockdown, in molte città come Milano, Brescia, Venezia, Torino la maggior parte delle strutture sono in funzione ed è bene che continuino a restare così, anche perché l’attività alberghiera è un processo complesso e riaprire un hotel dopo mesi di fermo non è semplice come girare una chiave nella serratura. Il rischio è di non trovare più il personale di prima. Molti, da un anno a questa parte, hanno preferito cambiare lavoro, cercando occupazioni più garantite in tempo di Covid e con orari meno impegnativi.
Ritengo che la cassa integrazione sia un ammortizzatore sociale utile in casi di riorganizzazione aziendale o per chi è obbligato a chiudere per la ristrutturazione del suo albergo, ma a fronte di una fase come questa non è così utile. E comunque io ho chiesto di lasciare aperte entrambe le opzioni: sì alla cassa per chi preferisce restare chiuso, ma sì anche alla decontribuzione per chi vorrà lavorare e assicurare uno stipendio pieno ai propri dipendenti. Lo stato d’emergenza, al momento, finisce il 31 marzo e ci sono elementi per sperare in una primavera meno drammatica.
Dunque, è fondamentale dare agli imprenditori la possibilità di resistere durante questi mesi difficili senza costringerli a sospendere l’attività, per poter agganciare la ripresa dei flussi turistici che, mi auguro, arriveranno nella prossima primavera estate.