L’occasione è stata utile per mantenere accesi i riflettori sul comparto agricolo, strategico per l’economia Italiana, e per fare alcune riflessioni. Agricoltura e turismo costituiscono, infatti, il vero motore dello sviluppo economico del nostro Paese. è, quindi, necessario incrementarne l’indotto puntando sui nuovi mercati e attivando processi di internazionalizzazione sempre più incisivi.
Accrescere l’export del comparto agricolo e massimizzarne i profitti sono obiettivi di estrema rilevanza per l’economia italiana. è possibile raggiunge questo risultato rafforzando e rilanciando ulteriormente le politiche del settore, investendo in competitività, efficienza e innovazione tecnologica.
Queste ultime, costituiscono le parole chiave di un comparto che ha dimostrato la sua straordinaria rilevanza anche in un periodo particolarmente critico, rappresentato dall’emergenza sanitaria che ha investito, e sta tutt’ora interessando, l’intero Paese. Durante il lockdown, infatti, non sono mancate le produzioni e la filiera agroalimentare, come sottolineato peraltro dal presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, ha continuato a produrre per rifornire i mercati e assicurare cibo agli italiani.
Ma non solo competitività, efficienza e innovazione tecnologica. Utilizzare al meglio le risorse comunitarie e quelle nazionali è condizione indispensabile per attivare meccanismi di crescita e costruire un futuro sempre più roseo per l’agricoltura e l’economia italiana. I soldi non solo vanno interamente spesi, ma occorre spenderli bene.
Inoltre, occorre investire sulla formazione dei giovani, puntare sul made in Italy e capitalizzare al meglio le eccellenze presenti sul territorio. Da questi tre obiettivi non si può prescindere. Avere personale altamente qualificato e specializzato è condizione indifferibile per rimanere al passo con i tempi e migliorare la competitività.
Di conseguenza investire sulla formazione delle nuove generazioni è di fondamentale importanza. Allo stesso modo puntare sul made in Italy è condizione prioritaria per rivitalizzare ancor di più il settore agricolo e la filiera agroalimentare in modo da contrastare la concorrenza, a volte sleale, di produzioni estere. Puntare sul made in Italy significa anche operare un rinnovamento culturale che, a volte, contrasta con le difficoltà economiche delle famiglie.
Mi spiego. Spendere qualche centesimo in più per comprare prodotti italiani potrebbe gravare sulle tasche dei consumatori che, però, ne avrebbero un beneficio di gran lunga maggiore in termini di qualità.
L’altro aspetto, non di secondaria importanza, è quello di promuovere e capitalizzare al meglio le numerose eccellenze presenti sul territorio. Soprattutto in quelle zone che ancora non hanno espresso compiutamente le loro potenzialità. Faccio un esempio.
Il Sud Italia potrebbe avere dall’agricoltura e in modo particolare dalla produzione di olio di oliva una fonte di ricchezza inestimabile con ricadute considerevoli non solo nei profitti, ma anche nel generare nuova occupazione. Basti pensare che la Puglia, la Calabria e la Sicilia detengono circa l’ottanta per cento della produzione di olio di oliva a livello nazionale.
Puglia, Calabria e Sicilia occupano rispettivamente il primo, il secondo e il terzo posto tra le regioni italiane nella produzione di olio. Ciò è dovuto ad aziende, radicate sul territorio e altamente specializzate, che vantano produzioni di altissima qualità.
Queste aziende, però, devono fare i conti con il prezzo più basso dell’olio che proviene da alcuni mercati esteri e con altre problematiche di varia natura. In ogni caso il risultato lusinghiero delle tre regioni nella produzione di olio extra vergine di oliva dovrebbe indurre a pensare che l’economia del Sud Italia ha tutte le potenzialità per svolgere, in un futuro non molto lontano, un ruolo di prestigio nel panorama nazionale e internazionale e giocare un ruolo di primo piano nello sviluppo del Paese.
Nei prossimi anni l’incremento del PIL dovrà fare i conti con lo sviluppo del Mezzogiorno. Tutto ciò nonostante le previsioni non certo ottimistiche del 2020 che sembrerebbero registrare in Italia una calo della produzione di olio extravergine di oliva del 22%: 287 milioni di chili rispetto ai 366 milioni di chili della campagna precedente secondo le stime fornite dalla Coldiretti. Colpa delle condizioni climatiche, dell’effetto Covid ma anche della Xylella che ha devastato gran parte degli uliveti del Salento in Puglia.
In ogni caso ritengo si sia trattato di un’annata interlocutoria per le ragioni appena espresse, dalla quale ripartire per rilanciare l’intero comparto oleario con particolare attenzione alle produzioni e all’economia del Sud Italia. Ecco perché, continuo a ripetere con estrema cognizione di causa, che lo sviluppo dell’intera Nazione potrebbe avere dal Mezzogiorno quella spinta decisiva per rilanciare il Paese nel panorama internazionale.
A una condizione: eliminare tutte quelle cause che ne ostacolano il completo sviluppo e andare incontro alle esigenze dei produttori agricoli. Un aumento del pil e dell’occupazione nel Sud Italia non costituisce un miraggio, ma un obiettivo che può essere raggiunto concretamente. Le risorse ci sono, il capitale umano non manca, le intelligenze neppure.
Occorre solo rimboccarsi le maniche, avere buona volontà e realizzare i risultati auspicati da diverso tempo. Ma attenzione: un adeguato investimento nelle infrastrutture è condizione indispensabile per favorire questo percorso e consentire uno sviluppo equilibrato del territorio nazionale. E' necessario dare a tutti gli stessi mezzi e le stesse possibilità di programmare un compiuto sviluppo.
Gli investimenti in infrastrutture devono esserci al Sud come al Nord Italia. Non è una battaglia impossibile, anzi è una battaglia di civiltà e di giustizia sociale. Crescere e generare nuova ricchezza è un obiettivo da raggiungere con pragmatismo, determinazione e concretezza. Il futuro dell’Italia e del Mezzogiorno è nelle nostre mani.
A cura dell’On. Nicola Carè.