L’art. 1590 del Codice Civile dispone che il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto; in mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione; il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà.
Tuttavia il legislatore si occupa, nell’ambito della disciplina generale della locazione, di regolare la situazione in cui, al termine del rapporto locatizio, risulti che il conduttore abbia apportato modifiche al bene locato.
L’art. 1592 del Codice Civile testualmente dispone: “Salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non ha diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata. Se però vi è stato il consenso del locatore, questi è tenuto a pagare un’indennità corrispondente alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore del risultato utile al tempo della riconsegna. Anche nel caso in cui il conduttore non ha diritto a indennità, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti che si sono verificati senza colpa grave del conduttore”.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass., n. 21223/2014) qualifica “miglioramenti” quelle opere che, con trasformazioni o sistemazioni, apportino all’immobile un aumento di valore, accrescendone in modo durevole il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una individualità propria rispetto al bene in cui vanno ad incorporarsi.
In base al citato 1592 del Codice Civile, quindi, il conduttore ha diritto ad un ristoro per gli eventuali miglioramenti apportati allorché vi sia stato il
consenso del locatore; tuttavia, anche qualora il conduttore non abbia diritto all’indennità prevista, il valore dei miglioramenti può compensare i deterioramenti verificatisi senza colpa grave del conduttore.
Incombe sul conduttore l’onere di dimostrare il consenso del locatore, che non può essere implicito né può desumersi da atti di tolleranza bensì deve concretarsi in una chiara e non equivoca espressione di volontà, da cui possa desumersi l’esplicita approvazione delle innovazioni apportate.
La Corte di Cassazione (cfr. Cass., n. 6094/2006) ha altresì evidenziato, da un lato, che la mera consapevolezza o la mancata opposizione del locatore alla realizzazione delle opere non legittima il conduttore alla richiesta di indennizzo e, dall’altro, che l’azione del conduttore volta ad ottenere l’indennità prevista dall’art. 1592 del Codice Civile non possa essere proposta prima dell’avvenuta riconsegna del bene locato.
Solo in tale occasione, infatti, è possibile operare compiutamente la comparazione tra l’importo delle spese sostenute dal conduttore e l’incremento di valore apportato all’immobile.
Il Codice Civile, al successivo art. 1593, disciplina le cosiddette “addizioni”, stabilendo testualmente che “il conduttore che ha eseguito addizioni sulla cosa locata ha diritto di toglierle alla fine della locazione qualora ciò possa avvenire senza nocumento della cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere le addizioni stesse. In tal caso questi deve pagare al conduttore un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa e il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se le addizioni non sono separabili senza nocumento della cosa e ne costituiscono un miglioramento, si osservano le norme dell’articolo precedente.”
Per “addizione” deve intendersi l’attività materiale con la quale si unisce ad una cosa principale una cosa accessoria, che presenti utilità assieme a quella. In base al citato art. 1593 del Codice Civile, l’addizione non separabile dal bene locato è regolata analogamente al miglioramento.
L’addizione separabile, invece, può essere rimossa dal conduttore alla fine della locazione, salvo che il proprietario del bene locato preferisca ritenerla; in tal caso, il conduttore ha diritto ad un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa ed il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. é fatto salvo il diritto delle parti, nell’ambito della propria autonomia contrattuale, di derogare alla disciplina prevista dagli artt. 1592 e 1593 del Codice Civile, modificando il criterio legale del calcolo dell’indennità in base alla minor somma tra quanto spese per le opere effettuate e l’incremento di valore del bene locato. Quanto al termine di prescrizione, decorso il quale il diritto si estingue, l’art. 2948 n. 3 del Codice Civile dispone che si prescrivono in cinque anni i corrispettivi di locazioni.
Tuttavia il diritto al pagamento dell’indennità per miglioramenti e addizioni non rappresenta un corrispettivo della locazione e, pertanto, deve ritenersi prescritto decorso l’ordinario termine di dieci anni. Poiché l’azione del conduttore volta ad ottenere l’indennità per i miglioramenti e per le addizioni apportati alla cosa locata non può essere proposta prima dell’avvenuta riconsegna del bene al locatore, il termine di prescrizione decennale del diritto in discorso inizia a decorrere al momento della riconsegna del bene al locatore e non in un momento precedente.
Può, dunque, affermarsi che il conduttore, nei casi previsti dagli artt. 1592 e 1593 del Codice Civile, possa esercitare nei confronti del locatore il diritto al pagamento di un’indennità, soggetto al termine di prescrizione decennale dal momento della riconsegna del bene locato.
A cura di Elisa Fea.