On. Fedriga, quale significato assume la netta vittoria del “fronte del no” al referendum costituzionale del 4 dicembre?
In primo luogo si tratta di una netta bocciatura da parte degli italiani di una riforma costituzionale sbagliata tanto nella forma quanto nella sostanza, che puntava ad allontanare i centri decisionali dai cittadini e a penalizzare gravemente le autonomie locali. Non si può tuttavia negare che la vittoria del “no” abbia anche un chiaro significato politico: il risultato del 4 dicembre esprime infatti tutta la frustrazione di un popolo, costretto da un Governo privo di legittimazione a sopportare regalie multimilionarie al business dei clandestini, una disoccupazione a tassi da record, deficit di sicurezza sul territorio e sempre meno prospettive per le fasce più deboli.
Quali scenari si prospettano ora con un Governo guidato dall’On. Paolo Gentiloni?
Gentiloni - dopo Monti, Letta e Renzi - è il quarto presidente consecutivo che viene scelto non dai cittadini ma da quegli intrighi di palazzo che ci rimandano con la memoria alla Prima Repubblica, con un Partito Democratico che fa di tutto per rimanere aggrappato alle poltrone e non tornare alle urne. La nostra decisione di non votare la fiducia all’esecutivo e di uscire dall’Aula rappresenta dunque la piena contrarietà della Lega a queste trame. L’imperativo è tornare subito al voto, senza perdere ulteriore tempo prezioso con tatticismi sulla legge elettorale.
Quali sono a suo giudizio le soluzioni per uscire da questa impasse?
Detto della necessità di restituire la palla ai cittadini, il prossimo Governo dovrà porre rimedio a tutte le scelte sbagliate e alle decisioni non assunte dalla sinistra dal 2011 a oggi. Penso ad esempio all’immigrazione - con il blocco delle frontiere, l’espulsione dei clandestini e il taglio dei fondi per l’accoglienza indiscriminata - ma anche al lavoro - con l’applicazione di un’aliquota unica sui redditi in maniera tale da favorire lo sviluppo economico e l’occupazione - e ai rapporti con l’Europa, realtà della quale non dobbiamo più essere sudditi ma con la quale dovremo interloquire invece alla pari. Solo così riusciremo a invertire una rotta destinata altrimenti a portarci al totale annullamento tanto della nostra identità quanto della nostra sovranità.
A cura della redazione