Di fronte alla follia e all’orrore di così tante, troppe, vite spezzate, con la paura che si diffonde e ci raggiunge a pochi chilometri da casa, il rischio maggiore è quello dell’abitudine.
Il timore che ci si possa abituare a vivere nell’insicurezza, che tutto questo diventi la “normalità”.
Il primo pericolo da scongiurare, la priorità assoluta su cui lavorare, ad ogni livello, è quella di garantire la sicurezza dei cittadini europei.
In un contesto così teso e dove l’esasperazione rischia di giungere all’estremo, le istituzioni UE devono fare l’unica cosa che gli è possibile concretamente: mettere mano al portafoglio per aiutare i Paesi membri a difendersi.
E chiudere immediatamente le frontiere.
Sono sempre stato un moderato, ma su questo tema c’è una sola soluzione: basta immigrazione.
Prima di accogliere dobbiamo essere in grado di proteggere.
Non è pensabile assistere a ciò che è avvenuto in Liguria, a Ventimiglia, dove un poliziotto, Diego Turra, è morto in servizio nel pieno dell'emergenza profughi e No Borders al confine con la Francia.
Non basta portare solidarietà e vicinanza ai familiari e ai colleghi.
Bisogna fermare questo flusso fuori controllo e far scendere in campo l’esercito, perché al di là di tutte le buone intenzioni, dei distinguo di carattere filosofico e politico e del buonismo trasversale, la situazione sta diventando insostenibile.
L’Italia ha già fatto tantissimo e gli Italiani non ne possono davvero più.
L’Unione Europea deve prendere una posizione.
La scelta del Regno Unito di uscirne ha reso chiaro che l’Europa deve rinnovarsi, se vuole avere un futuro.
A cominciare da temi cruciali come l’immigrazione e il terrorismo, di fronte ai quali gli Stati non possono essere lasciati soli, e dalla ridefinizione della propria politica estera che non può prescindere dall’eliminare le sanzioni e recuperare il rapporto con la Russia, fondamentale per contrastare l’Isis.
Perché purtroppo questa è una guerra, diversa e mai affrontata prima.
Ed è necessario riconoscerlo per poterla vincere.
A cura di Alberto Cirio