La ricerca, realizzata tra dicembre 2019 ed il 2020 dalla Commissione d’inchiesta, è stata svolta somministrando questionari a procure, tribunali ordinari, tribunali di sorveglianza, Consiglio superiore della magistratura, Scuola superiore della magistratura, Consiglio nazionale forense e ordini degli psicologi in riferimento al triennio 2016-2018.
Dall’indagine emerge che soltanto nel 12,3% delle procure italiane ci sono magistrati specializzati nella violenza di genere e domestica, mentre nel 10,1% delle procure di piccole dimensioni, non esistono professionisti specializzati. Il 95% dei tribunali non è in grado di dire in quante cause di separazioni, divorzi, provvedimenti riguardo ai figli emergono episodi di violenza domestica e, anche quando la violenza è nota e accertata, solo nel 31,5% dei tribunali gli atti del procedimento penale vengono acquisiti dal civile. Inoltre, il 95,5% dei tribunali non riesce a nominare consulenti tecnici d’ufficio con una specializzazione in materia di violenza di genere.
Per quanto attiene la formazione di magistrati, avvocati e psicologi, anche qui l’offerta formativa risulta piuttosto carente. Nel triennio 2016-2018 la Scuola superiore della magistratura ha organizzato soltanto 6 corsi di aggiornamento in materia di violenza di genere e domestica, oltre a 25 iniziative formative a livello locale, che hanno visto il coinvolgimento di circa il 13% dei magistrati.
Per quanto riguarda gli avvocati, nello stesso periodo preso in considerazione, sono stati organizzati più di 100 eventi in materia di violenza di genere e domestica, cui hanno partecipato su un totale di circa 243.000, oltre 1.000 avvocati di cui oltre l’80% donne, dunque, in tre anni solo lo 0,4 % degli avvocati ha partecipato a eventi formativi in materia di violenza di genere e domestica.
Ulteriori criticità riguardano anche la formazione di consulenti, in particolare degli psicologi, che, alla luce del ruolo centrale da questi assunto nell’ambito dell’attività di consulenza e peritale nei processi, destano particolare preoccupazione.
Alcuni dei dati fin qui esposti ci portano inevitabilmente a riflettere su un’evidente carenza di formazione e specializzazione in ambito giudiziario che sembra procedere parallelamente ad una normativa che, ad oggi, riesce ad essere più incisiva ed efficace per il contrasto alla violenza di genere.
I ritardi e le lacune vanno necessariamente colmati per garantire il diritto alla protezione delle donne vittime di violenza in modo tale che chi debba con loro confrontarsi abbia piena coscienza e conoscenza del fenomeno.
A fronte dell’indagine portata avanti dalla Commissione d’inchiesta dunque, la fotografia dello status quo del sistema giustizia in termini di formazione e specializzazione per affrontare e “leggere” al meglio i casi di violenza di genere, non può che farci ritenere che quanto prescritto dalla Convenzione di Istanbul al fine di rendere concreto il diritto delle vittime alla protezione resta, ahimè, ancora disatteso.
A cura dell’On. Elisa Scutellà.