Occuparsi sempre e solo dei migranti è una strategia per non occuparsi delle vere emergenze, che in Italia sono tante e quelle si sono davvero un pericolo, sia dal punto di vista sociale che economico.
Prendiamo il traffico di droga e la preoccupante invasione degli stupefacenti in Italia e in Europa. L’osservatorio europeo sulle droghe e le tossicodipendenze ci dice che nel 2015 e nel 2016 i morti per droga sono stati 14.552, quasi venti al giorno.
In testa alla classifica troviamo il Regno Unito, seguono Germania, Spagna, Francia e Italia con 567 morti.
Il giro d’affari per la criminalità organizzata, soprattutto per la ‘ndrangheta calabrese che è la leader mondiale nel narcotraffico, è enorme.
L’associazione Libera ha stimato nel 2017 un giro d’affari che va dai 4,5 ai 6,5 miliardi solo nel nostro Paese.
Soldi che naturalmente verranno poi riciclati ripuliti e reinvestiti in sofisticate operazioni finanziarie estero su estero ma anche nella economia legale e questa è la vera emergenza del nostro Paese.
Piano piano le imprese oneste, che rispettano le leggi escono dal mercato perchè non riescono a reggere la concorrenza di quelle criminali.
Le mafie investono in supermercati, centri commerciali, strutture turistico-alberghiere e molto altro. Certo le attività criminali delle mafie sono molteplici ma il core business rimane sempre il traffico di stupefacenti che produce enormi guadagni e moltissimo contante.
L’innalzamento della soglia del contante è un favore che facciamo alle mafie ed è una circostanza che le agevola. La Banca d’Italia, con uno studio del 2012, ha affrontato la valutazione dell’economia sommersa attraverso il rapporto tra la domanda di contante e il PIL. Ebbene nel periodo 2005-2008 essa rappresentava il 10,9% del PIL; nel 2008 in ascesa al 12,6%.
Cifre impressionanti che fanno riferimento solo alla prostituzione, al commercio di stupefacenti e al
contrabbando di tabacchi lavorati. Ebbene, dal 2014 c’è stata un’importante decisione assunta dalle autorità europee di statistica: l’economia criminale e quindi anche quella delle mafie può entrare nel
calcolo del PIL nazionale.
L’Istat nel calcolo del PIL del 2014 ha quantificato il peso dell’economia criminale in circa l’1%. In sostanza, il nostro Paese ammette che anche una parte dell’economia mafiosa è buona e può contribuire alla ricchezza nazionale.
La commissione parlamentare antimafia rifiuta categoricamente questo tipo di interpretazione. L’economia mafiosa produce solo “ricchezza negativa” e soprattutto bisognerebbe quantificare quanto non è stato prodotto proprio in funzione della presenza delle mafie e il danno prodotto alla collettività, al singolo e soprattutto alle imprese.
In Basilicata e in Puglia la criminalità organizzata ha prodotto nell’arco dell’ultimo trentennio una perdita di circa il 16 per cento del PIL regionale.
Il Friuli Venezia Giulia e l’Irpinia hanno avuto un forte afflusso di fondi pubblici a seguito del terremoto
che le ha colpite. Ebbene, in Friuli dove la mafia era assente nei trentanni successivi al terremoto, c’è stata una crescita del Pil superiore di 20 punti percentuali rispetto a quella osservata in una regione di tipo
controfattuale.
In Irpinia dove la criminalità organizzata è molto radicata la crescita del PIL procapite è stata inferiore di 12 punti percentuali.
Infine, utilizzando l’indicatore DOING Business, la presenza della criminalità organizzata in Italia è uno dei fattori che hanno determinato la perdita di circa 16 miliardi di investimenti esteri nel periodo tra il 2006 e il 2012.
Di queste emergenze la politica si dovrebbe occupare, ma se ne guarda bene. Dire la mafia mi fa schifo non serve a niente, se non a far ridere le mafie.
A cura di Lucrezia Ricchiuti.