europee. E il mattino dopo sono andato a fare la spesa con mia moglie per acquistare “beni di prima necessità”, tra cui prodotti alimentari.
In Italia diamo per scontato che si mangi bene. E continuiamo a farlo anche in questo anno drammatico funestato dal Covid, perché i nostri agricoltori e tutti gli operatori della catena agroalimentare non hanno mai smesso di produrre e garantirci l’indispensabile, oltre a eccellenze riconosciute dall’Unione europea che il mondo ci invidia. Con diffusi tentativi di imitazione e, purtroppo, ingenti danni sul piano economico.
Del resto, la Dieta mediterranea che seguiamo, e che dal 2010 è iscritta nella lista del patrimonio culturale
immateriale dell’umanità dell’Unesco, si conferma la migliore del pianeta.
Una garanzia nella prevenzione di malattie cardiovascolari e metaboliche, se accompagnata da sane abitudini come una regolare attività fisica. Un mix di alimenti come pane, pasta, frutta, verdure, carni, olio extravergine e vino che, consumati a tavola e durante i pasti, non a caso hanno consentito al nostro Paese di conquistare il record di longevità in Europa.
Come sempre succede, però, i primati vanno poi difesi. E la gente deve essere informata in modo corretto su come è possibile conquistarli per stare bene. Su questo riflettevo, ripensando alla battaglia che negli ultimi tempi hanno generato bollini allarmistici e sistemi di etichettatura a semaforo adottati in diversi Stati dell’Unione. Indicazioni nutrizionali riportate sulle confezioni degli alimenti che vanno spiegate ai consumatori, senza condizionarli al momento dell’acquisto.
La battaglia è quella scoppiata in particolare tra due fronti di Paesi che hanno introdotto, sia pure su base volontaria, sistemi diversi di etichettatura “fronte pacco” basati su principi opposti. Da un lato, Francia, Germania e altri che applicano il “Nutriscore”, un sistema che classifica i prodotti in base al generico contenuto di grassi, zuccheri o sale con una scala di colori che spazia dal rosso al verde. Stabilendo quali sono gli alimenti cattivi e quelli buoni per la salute. Un meccanismo quasi elementare che attribuisce delle pagelle ai prodotti, ma che noi riteniamo semplicistico e perverso.
Per questo l’Italia e altri Paesi hanno adottato un altro criterio, definito “Nutrinform Battery” che punta a informare in modo trasparente e più compiuto i consumatori, rendendoli consapevoli e liberi di scegliere ciò che porteranno a tavola. Ben sapendo che la Dieta mediterranea non è uno slogan, ma un sano esercizio quotidiano basato sui numeri e sulle quantità di cibo che assumiamo.
Il problema è che i sistemi di etichettatura a semaforo sono discriminatori e generici, finendo per escludere dalla dieta consigliata alimenti sani e naturali, e favorendo paradossalmente prodotti artificiali di cui spesso non si conosce neppure la ricetta. Tutto questo con il rischio di promuovere cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e di bocciare con il disco rosso elisir di lunga vita, come l’olio extravergine di oliva che è un po’ il simbolo della Dieta mediterranea. Non occorre essere medici o nutrizionisti per capire la differenza. Partendo dal presupposto che il fabbisogno calorico quotidiano consigliato, per un uomo, si aggira in media sulle 2mila chilo calorie.
Nel tempo che ho dedicato quel giorno alla spesa ho annotato le indicazioni riportate in etichetta, cercando solo di fare due conti su alcuni prodotti ‘civetta’ del made in Italy. Prodotti certificati da un organismo di controllo, vale ricordare, autorizzato dal nostro ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Su una bottiglia da mezzo litro di olio extra vergine di oliva a Denominazione di origine protetta (Dop) ho letto che 100 millilitri (una confezione doppia rispetto a quella che ho esaminato) apportano 825 chilo calorie (kcal), con 91,7 grammi di grassi, di cui 15,8 grammi di grassi saturi. Quelli che fanno meno bene, per intenderci. E poi ho pensato che una bottiglia come quella, mediamente, per cucinare e condire ciò che mangio tutti i giorni mi basterebbe per due settimane.
Ho preso un trancio di Grana Padano Dop da 250 grammi e letto che 100 grammi mi fornirebbero 398 kcal, con 29 grammi di grassi (18 di grassi saturi) e 1,5 di sale. Ma per consumare una confezione così, anche volendo esagerare, impiegherei almeno una settimana. Cento grammi di Prosciutto di Parma Dop in vaschetta valgono 266 kcal, con 18 grammi di grassi (6,5 saturi) e 5,2 grammi di sale. E questa confezione, fosse solo per me, mi accompagnerebbe per due pasti.
Cento grammi di pizza Margherita a base di farina, pomodoro e Mozzarella di bufala campana Dop apportano 242 kcal, con 9 grammi di grassi di cui 3,4 saturi e 1,4 grammi di sale. La confezione che ho scelto pesava 350 grammi e ho pensato che comunque una pizza al giorno basta e avanza. Alla fine, la “Dichiarazione nutrizionale” stampata sul cartoncino della pizza ricordava: “Dieta varia, equilibrata ed esercizio fisico”.
Ho sorriso e pensato tra me e me che queste cose, degne di Lapalisse, le leggo e sento ripetere da anni, ma che evidentemente non sono state sufficienti per evitare la battaglia aperta in Europa. La Commissione Ue ha annunciato che per armonizzare i diversi sistemi di etichettatura finora adottati dagli Stati membri presenterà una propria proposta di legge nella primavera del 2022. Una proposta che ci auguriamo possa tutelare in modo corretto la salute dei cittadini e difendere il valore delle centinaia di prodotti agroalimentari, sicuri e di qualità, che già arrivano sulle nostre tavole.
In attesa di una legge uguale per tutti, anche al Parlamento europeo non smetteremo di cercare un dialogo costruttivo nell’interesse comune, facendo leva su un’informazione chiara e comprensibile a ogni consumatore.
A cura dell’On. Paolo De Castro.