Come spesso accade in una grande manifestazione sportiva, i pronostici sembrano fatti apposta per essere smentiti.
A vincere infatti è il Portogallo, che ha sbaragliato la concorrenza delle squadre più titolate sollevando la coppa in finale.
Ma non è sulla cronaca dei fatti che vogliamo soffermarci. O meglio, non solo.
Ogni evento di questo tipo rimane indelebile nella mente dei più appassionati, a volte per qualche settimana, altre per mesi, altre ancora per anni.
Dunque, cosa ci ricorderemo di questo Europeo?
Anzitutto la formula: per la prima volta, nella fase a gironi non sono state solamente le prime due della classe a qualificarsi per i turni successivi, ma anche le migliori terze (tra le quali c’era anche la squadra lusitana, destinata a vincere il titolo).
Come non menzionare poi il tifo irlandese, che ha inondato le strade francesi facendo dell’allegria e dell’integrazione con i “colleghi” di altri Stati il suo biglietto vincente.
E l’Islanda? Da esordienti assoluti sono stati capaci di raggiungere i quarti di finale.
Ma non (solo) per questo li ricorderemo.
E nemmeno per i loro cognomi, tutti identici nella terminazione.
Il loro Geyser Sound alla fine di ogni match, condiviso con i tifosi, è diventato virale e ci ha fatto apprezzare lo spirito di una nazione forse ai più sconosciuta, ma eccezionale per spontaneità e dedizione.
Un altro posticino nella nostra memoria sarà riservato a Gabor Kiraly, quarantenne portiere “con la tuta”, o con il pigiama per i più sarcastici.
Quando la comodità viene preferita alla moda e alle ultime tendenze.
Protagonista, però, lo è stato anche in campo: con le sue parate ha tenuto a galla la sua Ungheria contro il titolatissimo Belgio, dovendo cedere solo nel finale alla maggiore qualità tecnica degli avversari.
Per non parlare della nostra nazionale italiana.
Probabilmente quella meno talentuosa degli ultimi anni, ma con una grinta e con una determinazione che hanno permesso anche ai sostenitori più scettici di avvicinarsi con passione a questa squadra.
Un’impresa dopo l’altra: prima il Belgio, poi la Spagna. A momenti anche la Germania, ma la lotteria dei rigori non conosce regole e non perdona nessuno.
Probabilmente tra i vari inni risuona ancora nelle nostre orecchie quello della Francia.
Vuoi perché giocavano in casa e il tifo era tutto per loro, vuoi perché forse sentirsi uniti cantando la medesima sinfonia era un modo per evadere dalla paura e dal terrore generato dagli atti terroristici degli ultimi tempi.
E poi la finale, Francia contro Portogallo, che è stata la ciliegina sulla torta di una manifestazione elettrizzante.
Pronostico apparentemente già scritto, in favore dei “galletti”: padroni di casa, ricchi di talento, organizzazione e grande qualità.
Dall’altra parte un Portogallo forse mai convincente, arrivato in finale usufruendo di un calendario abbastanza agevole (Belgio a parte).
Ok, i Lusitani hanno Cristiano Ronaldo, uno tra i migliori giocatori del pianeta.
Ma uno solo non basta, tanto più se leggermente sottotono come è apparso durante la manifestazione.
Griezmann contro Ronaldo, Francia contro Portogallo, nessuno di noi ha fatto in tempo ad accomodarsi sul divano che è successo il misfatto.
Intervento duro di Payet su Ronaldo, il portoghese si accascia a terra dolorante.
Stoicamente prova a resistere, con fasciature, ghiaccio e quant’altro. Ma poi si deve arrendere, scoppia in lacrime.
Lui che ha vinto praticamente tutto in carriera, dominato qualsiasi competizione, piange. Vede infrangersi il sogno di giocare la finale, di vendicare la sconfitta subita contro la Grecia - sempre in finale - ad Euro 2004.
L’unica speranza portoghese per fronteggiare una squadra più forte ora è a terra.
Negli occhi di tutti i compagni di squadra scatta però la scintilla, quel senso di responsabilità nei confronti del loro leader, del loro Paese.
La squadra non si scompone, regge agli urti francesi fino ai supplementari.
Ronaldo, costretto a bordo campo, non smette di incitare la squadra, quasi fosse l’ultimo dei gregari.
E nel finale Eder, un Carneade gettato nella mischia dal coach del Portogallo, decide la sfida con un tiro imprendibile.
Grande tristezza per la Francia, estrema gioia per il Portogallo, al primo successo in una manifestazione internazionale.
E trionfo anche per Ronaldo, nuovamente in lacrime ma stavolta per la gioia, per un cerchio che si è chiuso da quella maledetta finale di Lisbona di 12 anni prima, fino all’infortunio patito a inizio match che sembrava indirizzare negativamente l’incontro.
Un intero Paese esulta, e magari un po’ anche noi, nel vedere come una squadra “normale” sia stata in grado, grazie all’abnegazione e all’impegno, di fronteggiare avversari così temibili, priva del proprio punto di riferimento.
L’immagine conclusiva è davvero significativa: la Tour Eiffel si illumina con i colori portoghesi, per rendere onore ai vincitori.
Forse anche lei, dalla sua imponenza, avrebbe preferito indossare l’abito tricolore francese e dar modo ai tifosi parigini di esultare.
Ma ha vinto il Portogallo.
Anzi, in questi piccoli gesti, in tutte le gioie, le sofferenze, le curiosità di questo Campionato europeo, ha vinto ancora una volta lo sport.
A cura di Marco Dalmasso