Trattasi di diritti e doveri inderogabili, come disposto dall’art. 160 del Codice Civile, in base al quale “gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio”.
Pertanto nell’ordinamento italiano non è consentito ai coniugi o a coloro che intendano contrarre matrimonio stipulare accordi aventi ad oggetto gli effetti patrimoniali di una futura eventuale crisi coniugale.
Si tratta dei cosiddetti “patti prematrimoniali”, diffusi invece negli ordinamenti anglosassoni, da intendersi come gli accordi stipulati da due soggetti ancora non coniugati i quali, essendo in procinto di contrarre matrimonio, intendono predeterminare i reciproci rapporti derivanti da una eventuale futura crisi. Accordi di questo tipo sono volti a prevenire liti giudiziarie, stabilendo in via preventiva i diritti patrimoniali spettanti a ciascun coniuge a fronte dello scioglimento del matrimonio.
Il patto prematrimoniale non va però confuso con il cosiddetto “contratto di matrimonio”, con cui i nubendi predeterminano i rapporti discendenti dal futuro matrimonio, nella sua fase “fisiologica” e non di rottura. L’ammissibilità di tali pattuizioni, in epoca precedente al matrimonio, si giustifica alla luce dell’art. 162 del Codice Civile, che consente la stipula delle convenzioni matrimoniali in ogni tempo, e in ragione del fine meritevole di tutela: la disciplina delle prospettive della futura famiglia e la tutela delle sue esigenze patrimoniali. Viceversa, la circostanza che i patti prematrimoniali siano idonei a disciplinare la crisi tra i coniugi prima che la stessa si verifichi genera dubbi di compatibilità con principi fondamentali del nostro ordinamento, potendo influenzare la volontà dei coniugi a domandare o meno lo scioglimento del matrimonio e regolamentare l’entità o il diritto all’assegno di mantenimento o divorzile.
Il patto prematrimoniale va altresì distinto dagli accordi “in sede” e “in occasione” di separazione o divorzio, diretti a regolamentare i diritti patrimoniali discendenti da una crisi in corso, stipulati durante la separazione o il divorzio. Tali patti sono ammessi dal nostro ordinamento in quanto non sono stipulati in previsione di una crisi ma quando la crisi è già insorta e hanno la funzione di cristallizzare gli accordi dei coniugi sui rispettivi diritti patrimoniali. Si tratta, infatti, di accordi usualmente recepiti dai coniugi nel ricorso per la separazione consensuale o di divorzio congiunto.
In dottrina e giurisprudenza è ormai consolidata l’applicabilità del principio della libertà contrattuale agli accordi tra coniugi che riguardino aspetti diversi da quelli tipici della separazione o del divorzio, i cui effetti siano sospensivamente condizionati al verificarsi di tali eventi.
Il contratto è definito all’art. 1321 del Codice Civile come “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”; l’autonomia contrattuale poi sancita al successivo art. 1322, secondo cui “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
L’estensione della disciplina contrattuale agli accordi tra coniugi aventi contenuto patrimoniale ha portato
la giurisprudenza ad affermare l’applicabilità nella materia in discorso della disciplina generale del contratto, comprese le norme sulla sua interpretazione ed i principi di correttezza buona fede nelle trattative e nell’esecuzione degli accordi.
Infine, gli accordi raggiunti dai coniugi in occasione di separazione consensuale o divorzio congiunto (cosiddetti “contratti della crisi coniugale”) non devono confondersi con le convenzioni matrimoniali: i primi sono contratti atipici, conclusi quanto la crisi matrimoniale è già in atto, meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 del Codice Civile, non in contrasto con l’ordine pubblico e caratterizzati da una causa distinta da quella delle convenzioni matrimoniali; queste ultime, invece, sono disciplinate agli artt. 159 ss. del Codice Civile e presuppongono il normale svolgimento del matrimonio, hanno ad oggetto una generalità di beni e non l’esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali degli ex coniugi.
Tanto premesso, l’autonomia contrattuale sancita all’art. 1322 del Codice Civile risulta applicabile anche in materia di rapporti tra i coniugi, salva però l’inammissibilità di accordi con cui i nubendi regolino anticipatamente le conseguenze della futura eventuale crisi (patti prematrimoniali) e purché al fine di realizzare interessi meritevoli di tutela (qual è la volontà di impedire che eventuali disaccordi sulle condizioni economiche possano generare una lite giudiziaria), nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.
A cura di Elisa Fea.