Pertanto, ai sensi dell'art. 1126 c.c., l'obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione grava per un terzo sui condomini che ne hanno l'uso esclusivo, mentre gli altri due terzi sono a carico di tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 2672/1997) ha ritenuto che la responsabilità per i danni provocati all'appartamento sottostante dalle infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico solare per difetto di manutenzione si ricollegasse direttamente alla titolarità del diritto reale e, perciò, dovesse considerarsi come conseguenza dell'inadempimento delle obbligazioni di conservare le parti comuni, poste a carico dei condomini (art. 1123, comma 1, c.c.) e del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo (art. 1126 c.c.).
La citata sentenza individuava tanto nell'art. 1123, comma 1, c.c. quanto nell'art. 1126 c.c. obbligazioni cosiddette propter rem, dette anche ambulatorie o reali.
Trattasi di obbligazioni in cui il soggetto passivo del rapporto viene individuato tramite la relazione tra il medesimo ed un certo bene.
Esse si differenziano dalle altre obbligazioni in forza dell'origine e delle vicende afferenti al trasferimento della posizione passiva del debitore.
Si definiscono appunto reali o propter rem perché il vincolo trae origine da un connesso diritto reale sopra un bene di cui è titolare il debitore.
L'obbligazione si trasmette pertanto dal lato passivo automaticamente da un soggetto ad un altro con il trasferimento a qualunque titolo, inter vivos o mortis causa, di quel diritto reale.
Ne consegue l'applicazione dei principi previsti dal legislatore per la responsabilità contrattuale (artt. 1218 ss. c.c.), salva l'eventualità di un fatto illecito commesso dal titolare del diritto reale, che configura una responsabilità extracontrattuale.
La Corte di Cassazione ha fatto salva la tutela aquiliana da fatto illecito, fondata sull'art. 2051 c.c., nascente dalla lesione di un diritto soggettivo dei condomini estraneo ai rapporti di condominio.
La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria n. 13526 del 2014, ha sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite sulla natura giuridica della responsabilità per danni provenienti dal lastrico solare di uso o proprietà esclusiva e conseguenti oneri risarcitori.
I profili maggiormente critici alla decisione del 1997 parevano ravvisabili nell'attrazione ad una disciplina di tipo obbligatorio di una situazione in cui viene in rilievo la produzione di un danno ad un terzo, per effetto della violazione di un obbligo di custodia e comunque del dovere di manutenzione della cosa comune.
La configurabilità di un siffatto rapporto obbligatorio non sembra considerare che il proprietario dell'appartamento danneggiato dalla cosa comune, anche se di uso esclusivo, è un terzo che subisce un danno per l'inadempimento dell'obbligo di conservazione della cosa comune.
Ne consegue la natura extracontrattuale della responsabilità in capo al titolare dell'uso esclusivo del lastrico e, per la natura comune del bene, dello stesso condominio. Nell'ambito di tale responsabilità, poi, deve ritenersi che le fattispecie più adeguate di imputazione del danno siano quella di cui all'art. 2051 c.c., per il rapporto intercorrente tra soggetto responsabile e cosa che ha dato luogo all'evento o di quella ex art. 2043 c.c. per il comportamento inerte di chi comunque fosse tenuto alla manutenzione del lastrico.
Pertanto le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9449/2016, hanno affermato il principio di diritto secondo cui, qualora l'uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell'appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o il titolare dell'uso esclusivo del lastrico solare, in quanto custode del bene ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell'intero edificio impone all'amministratore l'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, comma 1 n. 4, c.c.) e all'assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, comma 1 n. 4, c.c.).
Trova, infatti, applicazione la norma di cui all'art. 2055 c.c., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio.
Il concorso di responsabilità, salva la prova contraria, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione definito dall'art. 1126 c.c.
Il nuovo orientamento adottato dalla Corte di Cassazione si espone, peraltro, ad alcune critiche: trovando applicazione le regole in materia di ripartizione dell'onere della prova in materia extracontrattuale, il danneggiato sarà gravato da un onere maggiore, dovendo provare il fatto illecito, l'evento-danno ed il necessario nesso di causalità.
Si consideri inoltre che il proprietario danneggiato viene equiparato ad un comune terzo, mentre potrebbe essergli riconosciuta una posizione di tutela qualificata in forza della sua appartenenza alla comunione condominiale.
A cura di Elisa Fea