In Grecia non si produceva e amava la birra, unica eccezione i rituali in occasione delle feste in onore di Demetra, dea delle messi. Però durante lo svolgimento dei giochi olimpici non era ammesso il vino, per cui la bevanda alcolica per eccellenza della grande manifestazione sportiva era la birra.
I romani è risaputo, preferirono il vino.
In Gran Bretagna la birra veniva prodotta dalle massaie e venduta al dettaglio organizzando spesso dei veri e propri negozi “domestici” che si sarebbero trasformati anche in pub. In Inghilterra la birra diventò bevanda nazionale e va ricordato che era sicuramente un bene dal punto di vista igienico in quanto l'acqua utilizzata nella sua produzione veniva bollita e sterilizzata, a differenza dell'acqua considerata “potabile” che era spesso infetta. Il luppolo fu un ingrediente tardivo, di provenienza fiamminga e spesso bistrattato dagli inglesi che preferivano la birra dolce. Il luppolo infatti rendeva più amaro il composto ma, grazie alle sue proprietà di conservate naturale si diffuse presto in tutta la produzione birraria europea. Ecco allora le “Ale” britanniche differenziate dalle “Beer” belghe, con luppolo.
Le prime birre furono a fermentazione spontanea, ovvero attraverso i ceppi selvaggi di lieviti presenti nell’aria delle varie località; poi i microorganismi vennero selezionati e si passo alla alta fermentazione (15-20°). La vera e propria rivoluzione ci fu nel Novecento con l’introduzione della bassa fermentazione, grazie a tecnologie avanzate e nuovi ceppi di lieviti selezionati. Nacque la Lager, la classica birra dorata e limpida di origine tedesca.
L’Italia è un Paese di produttori e bevitori di vino o forse… lo era. Infatti la produzione è fra la più ampie e variegate nel mondo mentre i consumi interni stanno calando ormai da anni. Le leggi sul tasso alcolico alla guida hanno di fatto ostacolato il consumo quotidiano durante il pasto, e ormai è giudicato negativamente anche il consumo sul posto di lavoro, qualunque esso sia. Il vino ha perso anche parte della sua valenza sociale e il ruolo nel nucleo familiare (col concetto stesso di famiglia e di pasto collettivo e condiviso che è cambiato). Si è passati ad una fruizione più occasionale e legata allo svago ed alla festa. Proprio in questo frangente si sta inserendo la birra che vede invece consumi in crescita e una forte spinta data da una cultura nuova e giovanile. Si diffondono e prosperano birrifici artigianali, locali che offrono birre ricercate in abbinamento a cibi non casuali, ma accuratamente selezionati, spesso carnei.
Ma cosa contiene esattamente una birra? A livello di ingredienti andiamo sul sicuro, sono quelli in etichetta e sono sempre pochi: acqua, malto (ovvero cereale germinato e poi essiccato), cereali di vario tipo, lieviti e additivi (dal luppolo a qualsiasi altro ingrediente speciale, frutta, miele passando per mosto d’uva e piante aromatizzanti).
Dal punto di vista dei nutrienti bisogna notare una componente zuccherina intorno al 3,5% che nel vino non è quasi mai presente, perché in quest’ultimo fermenta totalmente. Vi è poi l’alcol, in quote variabili da 3 a 10% vol. e tracce di vitamine del gruppo B, vitamina C, elettroliti in piccole quantità.
Una birra media quante calorie fornisce? Possiamo considerare circa 50 kcal ogni 100 ml e, moltiplicandole per 500 ml, si arriva a 250 kcal ovvero quanto un bel piatto di pasta; più del 10% delle calorie da assumere in una giornata per una dieta bilanciata da 2.000kcal (quella consigliata per un individuo adulto e sano).
Non si conosce davvero il motivo ma, soprattutto nel mondo del calcio, anche professionistico, bere birra dopo la prestazione è ritenuto non dannoso o addirittura utile. E invece no! Questa credenza è difficile da sradicare ma ora spieghiamone i motivi: l’alcol è sicuramente il primo. Aumenta i tempi di recupero, interferisce con la sintesi delle nostre scorte energetiche muscolari, favorisce squilibri ormonali e la disidratazione, aumentando lo stimolo ad orinare. In aggiunta le quantità di vitamine del gruppo B, che in effetti favoriscono uno stato di benessere e intervengono nella produzione di energia, si trovano davvero in piccole quantità non utili a giustificarne l’utilizzo come “integratore” dopo la gara. In aggiunta non si possono non elencare gli effetti psicotropi dell’alcol, che viene assorbito molto più velocemente se a stomaco vuoto, arrivando presto al cervello. In ogni caso l’etanolo è un composto tossico per il nostro corpo, comporta lavoro aggiuntivo al fegato per essere smaltito e può provocare seri danni a questo, se assunto in grandi quantità.
Un altro falso mito sarebbe quello secondo cui bere birra aiuti le forme femminili. I miti nascono da parti di verità perché in effetti il luppolo sembra avere effetti positivi a livello della cute e in allattamento. In aggiunta i suoi fitoestrogeni sono utili in menopausa, ma sicuramente non ci sono effetti dimostrati di nessun tipo circa consumo di birra e aumento del seno. Con un utilizzo massiccio l’unica cosa che aumenterà sarà la circonferenza vita, infatti per chi sta cercando di perdere peso va ricordato che le calorie dell’alcol sono tante (circa 7 kcal ogni grammo, più dei carboidrati) e a queste si sommano quelle degli zuccheri. Infine le donne smaltiscono più lentamente l’etanolo per ragioni anatomiche e fisiologiche e sono considerate categoria a maggior rischio per gli effetti dell’alcol, in particolare durante la gravidanza, insieme a anziani e bambini.
È tuttavia impossibile parlare di birra o alcolici slegandoli dalla loro valenza sociale e culturale. Citando la tesi di laurea intitolata: “La birra come alternativa per la promozione del consumo moderato e consapevole di alcol”- di Matteo Toto, vanno evidenziati alcuni aspetti del consumo di birra. Da questo lavoro infatti risulta che chi la consuma in moderazione, durante il pasto, e sceglie prodotti di qualità evita episodi di binge-dirnking (ovvero “abbuffata” di alcolici) ed evita l’alcol fuori pasto, proprio quando è più dannoso.
Per cui il consiglio è: per chi non beve non iniziare a farlo, per chi ormai ha scoperto ed apprezzato il nettare dorato di limitarlo, non abusarne, scegliere prodotti di qualità utilizzandoli durante il pasto con consumo settimanale e non quotidiano.
A cura di Stefano Arlotto