Questa logica, dietro la falsa promessa della libertà, ci ha trasformato in meri consumatori, di compratori di piccole felicità “a rate”.
Siamo diventati degli homines indebitati sia a livello individuale che a livello pubblico, con il debito pubblico, ed è qui che entro in gioco una nozione di macroeconomia diventata di moda negli ultimi tempi e che ha scalzato quella di spread, con cui però è intimamente legato.
Il PIL si è guadagnato questa notorietà perché esprime il benessere, lo sviluppo e il progresso di una
collettività nazionale.
Ebbene, la quota maggioritaria che forma il PIL, cioè la rassicurazione del guadagno per i debitori, proviene direttamente dal consumo.
Al giorno d’oggi le principali spese per una famiglia restano: acquisto delle prime case, acquisto e mantenimento dell’auto, elettrodomestici, studi per i figli, viaggi e spese sanitarie.
Queste spese si fanno giornalmente a credito, così come l’acquisto dei beni correnti che effettuiamo tramite carte di credito.
Questa economia finanziare neoliberalista in realtà, a ben guardare, è un’economia del debito.
Dobbiamo dare un altro corso al nostro destino, dovremmo ricordarci sempre quelle parole espresse del 1968 da Kennedy a proposito del PIL, nel quale denuncia chiaramente che il PIL non può misurare la nostra felicità, né tantomeno quella delle nostre famiglie.
A cura della Senatrice Cinzia Leone.