La norma in commento richiama espressamente la disciplina della responsabilità contrattuale contenuta nel Codice Civile, in particolare l’art. 1218, in base al quale “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”, e l’art. 1223, secondo cui “il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
La ratio dell’art. 91, comma 1, del D.L. 18 del 2020 è quella di escludere la responsabilità del debitore che ometta o ritardi l’adempimento contrattuale a seguito dell’osservanza dei provvedimenti di contenimento del contagio da COVID-19, sottraendo così al creditore il diritto alla risoluzione del contratto ed al risarcimento del danno. La norma di recente introduzione individua, perciò, nell’esigenza di rispettare le misure restrittive una causa di forza maggiore, come tale non prevedibile dalle parti contrattuali. Peraltro, tale esclusione non deve ritenersi applicabile alle obbligazioni pecuniarie, essendo, in via generale, il pagamento di una somma di denaro considerato sempre possibile (cfr. Cass. civ., Sez. II, 15 novembre 2013, n. 25777).
Tanto premesso, appare opportuno coordinare la novella legislativa con le disposizioni del Codice Civile in
materia di obbligazioni.
In particolare, il debitore dovrà comunque dimostrare di essersi adoperato per ridurre gli effetti negativi dell’omissione o del ritardo per il creditore, utilizzando la diligenza del buon padre di famiglia o, allorché si tratti di obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza necessaria con riguardo alla natura dell’attività esercitata ex art. 1176 del Codice Civile.
Ancora, non può sottacersi come il nostro ordinamento sia ispirato dall’osservanza dei principi di buona fede e correttezza durante le trattative e nell’esecuzione del contratto ai sensi degli artt. 1175 e 1375 del Codice Civile.
Pertanto, in ogni caso, il comportamento del debitore dovrà essere valutato secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 91, comma 1, del D.L. 18 del 2020 nonché dei sopra citati artt. 1176, 1175 e 1375 del Codice Civile, alla luce dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della Costituzione e dei criteri di proporzionalità e di adeguatezza. La disciplina recentemente introdotta appare comunque conforme alle regole generali previste dal nostro ordinamento. A tal proposito, coglie particolarmente nel segno l’interpretazione dell’art. 1256 del Codice Civile fornita dalla Corte di Cassazione.
La norma da ultimo citata dispone espressamente: “l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.
I Giudici di legittimità hanno evidenziato che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore ma anche nel caso in cui sia diventata impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno (Cass. civ., Sez. III, 20 dicembre 2007, n. 26958).
Ne consegue l’estinzione dell’obbligazione anche qualora l’adempimento della prestazione da parte del debitore, divenuto impossibile a fronte del rispetto delle misure restrittive, faccia venir meno l’interesse del creditore alla prestazione medesima.
L’art. 91, comma 1, del Decreto Cura Italia esclude altresì la responsabilità del debitore in ordine all’applicazione della penale, definita all’art. 1382 del Codice Civile come la “clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione.” In base al successivo art. 1384 del Codice Civile, “la penale può essere diminuita equamente dal giudice”.
Ebbene, anche con riferimento alla diminuzione della penale, il giudice dovrà valutare attentamente il caso concreto, potendo una penale originariamente equilibrata apparire manifestamente eccessiva a fronte dell’emergenza sanitaria e delle misure restrittive conseguentemente adottate dal legislatore.
Si può, dunque, concludere che l’esonero della responsabilità contrattuale introdotto dal D.L. 18 del 2020 sia conforme allo spirito della disciplina generale delle obbligazioni prevista dal Codice Civile. Tuttavia, l’applicazione della recente novella, lungi dal rappresentare una generica sottrazione del debitore ai propri obblighi contrattuali, non potrà prescindere da una scrupolosa valutazione del caso concreto, ispirata da un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame, secondo i principi di solidarietà sociale (art. 2 della Costituzione), nonché di proporzionalità e adeguatezza.
A cura di Elisa Fea.