Da diverso tempo si mormora di questa rivoluzione del servizio di consegne, ma da fine novembre le cose sembrano muoversi, complice la diffusione in rete di un video promozionale e di numerosi progetti del sistema.
Sembra che ormai siano pochi i nodi da districare prima di riuscire a far decollare (il gioco di parole è d’obbligo) il progetto, e a detta del portavoce della società, non dovrebbe mancare troppo tempo a vedere velivoli consegnare i pacchi direttamente atterrando nel cortile del cliente.
Perché è proprio così che funzionerà il servizio “Amazon Prime Air”, recapitando i pacchi tramite apparecchi comandati in remoto dotati di GPS, i quali riconosceranno l’area adibita all’atterraggio, preventivamente individuata dall’acquirente e contrassegnata con un apposito stampino.
Confermato quindi lo spazio designato e la possibilità di atterraggio, il drone si abbasserà e sgancerà letteralmente il pacco, per poi tornare alla propria base operativa.
Va da sé che se questo servizio prenderà piede sarà un altro passo nel futuro dell’e-commerce, vista la possibilità di vedersi recapitare la merce ordinata in un lasso di tempo rientrante nell’ordine di poche decine di minuti. Quasi meno del tempo che si impiega ad acquistare lo stesso articolo recandosi personalmente in un negozio.
Certo, i problemi da superare sono ancora molti, principalmente di natura burocratica: prima di poter far volare i droni su spazio aereo pubblico, Amazon dovrà ottenere il permesso dalla Federal Aviation Administration.
Durante una convention che si è svolta all’Ames Research Center della Nasa, il Vicepresidente dell’azienda i ha già presentato un documento per disciplinare il volo dei fattorini robotizzati, in cui si descrive una fascia tra i 200 e i 400 piedi di altezza (cioè tra i 61 e i 122 metri) ad uso esclusivo dei droni autonomi e capaci di viaggiare almeno alla velocità di 60 nodi (circa 111 chilometri orari).
In pratica, si tratterebbe di una corsia preferenziale per i robot più sofisticati dotati di sistema GPS, collegamento Internet, sensori antiscontro e un piano di volo prestabilito per arrivare a destinazione con la massima sicurezza.
La proposta prevede anche una No Fly Zone tra i 400 e i 500 piedi (da 122 a 152 metri), che faccia da cuscinetto con lo spazio aereo utilizzato dai velivoli tradizionali.
A questo punto il progetto non dovrebbe essere troppo lontano dalla fase di lancio, e anche se per il momento è prevista una copertura solamente sul suolo americano, chissà che non passi troppo tempo dal veder svolazzare i nuovi corrieri robotici anche sopra le nostre teste.
A cura di Francesco Rossi