Il latte di cocco, che poco ha a che vedere con quello vaccino, è invece ottenuto per spremitura della polpa fresca ed ha un contenuto calorico maggiore della coconut-water. Questo perché contiene molti grassi o lipidi, nutrienti tipici di questo frutto, che però spesso non vengono riconosciuti dal consumatore, visto il sapore fresco e la credenza che sia un frutto leggero; contiene invece pochissime proteine e nessuna traccia di lattosio.
Siamo quindi giunti a parlare dell’olio di cocco, costituito dalla parte grassa del frutto, che è olio solo per modo di dire, poiché si presenta solido a temperatura ambiente proprio come il burro. Ha un odore caratteristico e corposo che ricorda molto il frutto fresco, si presenta di colore bianco lattiginoso che vira verso il trasparente una volta sciolto.
Ma quanti grassi contiene esattamente questo frutto, da cui possiamo ricavare addirittura un olio? Circa il 30% del suo peso è costituito da lipidi, privi di colesterolo (presente solo nelle fonti animali) ma formati per la maggior parte da acidi grassi saturi: allarme! I grassi saturi sono infatti quelli “cattivi”, che fanno aumentare il rischio di malattie cardiache ma… c’è un ma: i grassi del cocco, seppur saturi, hanno proprietà particolari perché sono definiti MCT in termini tecnici, ovvero di lunghezza media. Diversi studi hanno stabilito che questi selezionati grassi saturi sono meno dannosi per il corpo umano rispetto a quelli più lunghi (LCT) perché seguono una via metabolica diversa e, in aggiunta, resistono molto bene alle alte temperature. Studi ancora più recenti (2016) hanno voluto far chiarezza su questo aspetto ed hanno evidenziato che i grassi del cocco, per la salute del nostro cuore, risultano migliori del burro, ma peggiori dell’olio di oliva. Ricordiamo quindi che il miglior grasso in assoluto rimane l’olio extravergine di oliva, elemento cardine della Dieta Mediterranea, patrimonio dell’umanità Unesco.
Inoltre è bene ricordare che questo frutto non cresce alle nostre latitudini, per cui viene importato e percorre molti chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole e spesso non sappiamo come comportarci con l’assunzione di prodotto fresco e derivati. È infatti di uso comune in India e in molti Paesi asiatici e tropicali, rimedio tradizionale della medicina Ayurvedica ma pressoché sconosciuto alle popolazioni europee. Solo negli ultimi anni sta diventando un alimento comune anche in Europa e Italia.
Quindi come regolarsi?
Il consiglio è di utilizzare con tranquillità il cocco fresco e ora che arriva l’estate, in spiaggia come al supermercato, lo troveremo facilmente. Attenzione per le persone che stanno cercando di perdere peso, perché l’abbondanza di grassi lo rendono un frutto calorico. La coconut-water difficilmente la troviamo sui nostri scaffali, mentre più spesso vediamo il latte di cocco: ricordiamoci che non è un valido sostituto del latte vaccino o di soia, piuttosto un drink (e controllate in etichetta che non sia troppo zuccherato!) da servire fresco per qualche occasione in estate.
L’olio di cocco infine può essere una particolare alternativa da usare per preparare i dolci ed una piccola noce: ogni tanto basta per far saltare verdure, crepes, pancakes, regalando un sapore esotico ai nostri piatti.
A cura di Stefano Arlotto