Il tributo, pari a 2,6 centesimi di euro per ogni litro di prodotto erogato, grava formalmente sui distributori ma è evidente come venga traslato sui consumatori finali. Calcolato sul prodotto erogato da ogni impianto, questo tributo viene liquidato con cadenza mensile e versato direttamente alla Regione. La sentenza dello scorso gennaio è destinata avere seguito: gli atti tributari impugnati sono stati annullati non per vizi dello specifico procedimento di accertamento ma per un difetto di legittimità dell’imposta regionale.
In particolare la sentenza rileva che nel caso di specie la legge regionale istitutiva dell’imposta non rispetta le finalità specifiche previste dall’art. 1 paragrafo 2 della Direttiva 2008/118/CE. L’imposta, introdotta dalla Regione Piemonte con Legge Regionale n. 47 del 1993, sarebbe genericamente destinata al “finanziamento degli interventi necessari a fronteggiare gli eventi calamitosi verificatesi sul territorio regionale”.
Nelle proprie motivazioni, peraltro, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il Piemonte, ricorda che con riferimento alla stessa imposta la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro lo Stato Italiano. Sono quindi due i fronti di attacco: alla via giudiziaria nazionale, valida per il ricorso in esame ma destinata a costituire un precedente per ricorsi analoghi, si affianca infatti la formale procedura di infrazione comunitaria.
Quello della Regione Piemonte, fra l’altro, potrebbe essere il primo di una serie di ricorso identici, riferibili non solo alla Regione Piemonte ma anche alle altre regioni che hanno deciso di istituire la medesima addizionale.
Analogo problema, infatti, oltre che per i distributori della Regione Piemonte, potrebbe porsi per i distributori di benzina per automazione della Regione Liguria che che, con Legge Regionale n.2 del 2006, ha previsto l’istituzione della medesima addizionale per una generica “prioritaria destinazione alle esigenze del settore sanitario regionale”.
Pur se l’imposta in argomento può sembrare poca cosa, se calcolata sul singolo litro di benzina, si rileva che per i bilanci delle regioni coinvolte potrebbero esservi dei problemi derivanti dalla conferma della non conformità con il diritto dell’Unione Europea. Basti pensare che, per la sola Regione Piemonte per l’anno 2019 questa imposta ha comportato introiti per circa 16 milioni di euro. In vista della conferma della illegittimità del tributo le regioni interessate dovranno da una parte provvedere alla ricerca di altre entrate per importi analoghi e, dall’altra, prepararsi a gestire le richieste di rimborso del tributo dichiarato illecito per gli anni non prescritti.
La sentenza in argomento sarà probabilmente oggetto di ricorso per Cassazione e può essere oggetto di ricorso pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea: non è quindi detta l’ultima parola. La fine dell’I.R.B.A., tuttavia, sembra segnata: il percorso giudiziario, pur se non definitivo, è tracciato con sufficiente chiarezza. Per i distributori, e conseguentemente per i consumatori, vi è all’orizzonte non solo l’abolizione dell’imposta.
Nel frattempo, tuttavia, si rileva l’opportunità che i distributori, quantomeno per gli anni di imposta che nel frattempo rischiano di cadere in prescrizione, provvedano a valutare con un legale l’opportunità di formulare un’istanza di rimborso.
A cura di Mary Lin Bolis.